lunedì 23 gennaio 2017

La piccola fata




La piccola fata

Iniziò tutto un mattino di fine inverno, in quel mondo ovattato appena prima del risveglio. Nel silenzio della casa quel suono, un piccolo “etcì” soffocato, risuonò forte come un colpo di cannone. Faticando per emergere dai sogni, mi guardai intorno e rivolsi uno sguardo interrogativo alla gatta Bianca acciambellata ai piedi del letto.
“Devo averlo sognato” mi ripetevo, ma non riuscivo a convincere nemmeno me stessa. Qualcuno aveva starnutito nella casa silenziosa. Saltai giù dal letto e, rinunciando alla tentazione di preparare per prima cosa un bel caffè, mi misi a cercare ovunque. Naturalmente fu Bianca a farmi capire che c’era qualcosa tra i vasi di piante, puntando in quella direzione e agitando nervosa la coda.
Mi abbassai per vedere meglio, ma c’erano solo la terra umida e gli steli della Spathiphyllum e  della Zantedeschia.
Poi, proprio mentre guardavo quel nulla, un altro piccolo “etcì” mi fece distinguere una figurina trasparente, che si faceva piccola piccola dietro le foglie della Calathea. Era tutta verde, alta più o meno dodici centimetri e con ali piuttosto grandi che vibravano rapidamente. Era difficile da distinguere, perché incerta come un’immagine sul punto di svanire.
«Non temere. Non ti farò del male» cercai di rassicurarla, parlando pianissimo per  paura di fare qualcosa di sbagliato. La piccola figura si portò esitante sul bordo del vaso.
«Hai preso freddo, poverina» dissi vedendo come rabbrividiva stringendo le piccole braccia al corpo. Lei annuì. Le proposi un poco di latte caldo con miele e annuì di nuovo, volando rapidamente vicino ai fornelli. Preparai in silenzio un caffè per me e misi a scaldare un po’ di latte.
Spezzava il cuore, vederla seduta a gambe incrociate sulla cucina a protendere le manine verso la fiamma in cerca di un po’ di calore. Così le offrii una presina imbottita come cuscino, versai il latte nel tappo di una bottiglia di plastica, aggiunsi una goccia di miele e glielo porsi, raccomandandole di stare attenta a non scottarsi.
Il mio premio fu sentire per la prima volta la sua voce, mentre mi ringraziava. Era una voce da ruscello, trillante eppure distinguibile.
Preparai la colazione per Bianca e infine io e la piccola fata ci dividemmo un biscotto, osservandoci a vicenda con aperta curiosità. Adesso la sua immagine era di un bel verde intenso, con striature più scure.  Aveva lineamenti delicatissimi, con membra esili e affusolate. Teneva le ali riunite dietro la schiena, come una farfalla, e quelle erano la cosa più sorprendente di tutte, ornate di venature di mille sfumature di verde come le foglie degli alberi.  
Parlammo per un po’, scambiandoci i rispettivi nomi e raccontandoci nel nostro amore per le piante, la cosa che più ci univa. Poi la piccola fata si alzò, mi ringraziò ancora per l’ospitalità e disse che doveva andare. Aprii a malincuore la finestra e la guardai volare rapidamente sulle foglie dell’albero davanti alla casa, dove mi fece ancora un piccolo saluto prima di svanire chissà dove.
Ma fu al mattino dopo che mi resi conto di non aver sognato. Al risveglio tesi l’orecchio, sentendo solo il silenzio che avvolgeva la casa. Ma quando mi alzai dal letto non riuscivo a credere ai miei occhi. All’improvviso tutte le piante che tenevo in casa e sul balcone erano fiorite. I ciclamini splendevano di fiori accanto alle primule colorate, alle viole, alle rose e ai gerani. In casa, tutte le orchidee avevano aperto corolle di mille colori. Le piante verdi avevano gettato nuovi germogli. Ero stupefatta e felice, per quella fioritura improvvisa che aveva trasformato la mia casa e il mio balcone in un giardino impossibile, con tutte le piante fiorite nello stesso tempo.
Sapevo chi dovevo ringraziare, ma non come farlo.
Da allora, una piccola lanterna accesa orna il mio balcone nelle sere più fredde e accanto c’è sempre una minuscola tazza di porcellana per bambole, piena di latte caldo e miele. A volte la ritrovo intatta al mattino, ma altre volte è svuotata e i pezzetti di biscotto sul piattino sono spariti. Saprei comunque di avere ricevuto visite, perché i miei fiori e le mie piante in quei giorni sono più belli e più colorati, anche se hanno ripreso a fiorire solo quando è giunto il loro tempo.

Non ho mai più rivisto la piccola fata, ma sapere che c’è riempie ogni mio giorno di felice mistero e di stupore per le piccole cose che troppo, troppo spesso dimentichiamo di vedere. 


L'immagine è mia. Chi è arrivato a leggere fin qui può guardare bene il centro della foto... C'è un contorno d'ali... Forse?