martedì 24 novembre 2015

In un regno



In un regno


In un regno, neanche troppo lontano, viveva Re Gior… ma in realtà neanche lui si ricordava bene il suo nome, per tutti era semplicemente “Sua Maestà”.
Sua Maestà abitava in un castello sulla sommità di una collina che dominava tutta la vallata. All’occhio del viandante appariva sin da lontana quella costruzione imponente, scura, quasi senza finestre che al solo guardarla incuteva paura.
Al sui interno le giornate del popolo erano condizionate da regole ferree come in una caserma , e nulla poteva essere fatto se non allo scopo di prepararsi a un’imminente  invasione di un probabile popolo ostile.
Eh già, Sua Maestà  viveva nel ricordo, o meglio nel  terrore, di quando da bambino la sua vita fu segnata da un assedio durato alcuni anni.
Tutti, ma proprio tutti, trascorrevano le giornate tra spade, balestre e l’olio bollente che era sempre sul fuoco.
Unica eccezione di quel grigiore era la giovane Principessa che, cruccio di Sua Maestà , sembrava non appartenere a quel mondo austero. Un giorno capitò che la Principessa scorse una porticina dimenticata aperta che permetteva l’uscita dal castello e in un attimo il suo spirito libero la condusse fuori da quelle mura che nella sua vita non aveva mai varcato.
All’interno del castello non ci volle molto a scoprire la sua assenza e subito fu il panico, soprattutto per Sua Maestà il Re che all’improvviso si rese conto di aver perso l’unica luce della sua triste vita.
Si organizzarono subito le ricerche con in testa alla legione lo stesso Re.
Usciti dal castello pronti alla più terribile delle avventure, si addentrarono nei piccoli villaggi perlustrando ogni più remoto angolo del regno, interrogando ogni singolo abitante, che alla vista di tanti soldati ed armi si rintanava in casa.
Le ricerche non portarono a nessun risultato e preso dallo sconforto Sua Maestà fece ritorno al castello e ben presto si rinchiuse nelle sue stanze regali isolandosi dalla vita di castello.
Una mattina, come a seguire un proprio istinto, senza neanche adornarsi delle vesti regali e tantomeno di armi, in compagnia del solo cavallo si addentro nella valle alla disperata ricerca di Geltrude … solo allora si rese conto di non averla mai chiamata col suo nome e di non averla mai trattata come una figlia, e adesso chissà in quale atrocità  si trovava e nella testa reale rimbombavano come cannonate le sue urla immaginate e le disperate richieste d’aiuto.
Alla vista del Re però questa volta si presentò un altro paesaggio, o meglio, era lo stesso che giorni prima aveva attraversato con le sue truppe ma ora era tutto improvvisamente diverso:  gli operai lavoravano nei campi, ma si accorse che erano sereni;  le donne nelle loro faccende domestiche intonavano canti a glorificare la vita e soprattutto c’erano tanti bambini in ogni dove e tutti a urlare in spensierati giochi.
Fu allora che si rese conto di come aveva tristemente vissuto e peggio ancora di come aveva costretto al sacrificio la sua famiglia e i suoi sudditi, e inginocchiatosi all’ombra di un radioso albero sprofondò in un disperato pianto.
“Cosa  la turba tanto buon uomo da costringerla a tanta pena” disse una voce quasi angelica, proveniente da qualcuno che con caritatevole amore gli aveva messo una mano sulla spalla quasi a confortare la sua disperazione.
Voltatosi a si tanta dolcezza, quale aveva  vissuto solo da bambino al cospetto della madre, rimase folgorato alla vista della propria figliola che non esitò ad abbracciare e baciare improvvisamente  libero dai fantasmi del passato.

Non voglio annoiarvi su  come si svolsero i festeggiamenti per il ritrovamento della Principessa Geltrude , ma vi posso assicurare che se andaste a far visita al castello non credereste mai che quello un tempo era un luogo triste tanto quanto è ora  radioso e festoso.





Anche questa bellissima fiaba è opera di Claudio.

L'immagine è reperita sul Web.

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