Mi dispiace per il lungo silenzio, ma spero che vorrete perdonarmi. A volte mi perdo.
Ecco una nuova fiaba.
Quelli che
corrono
C’era
una volta un regno felice. O, almeno, così credevano i suoi abitanti. Avevano
tutto: carrozze che correvano veloci, abiti eleganti per andare alle feste,
giorni ben ordinati e leggi che regolavano ogni cosa e ogni comportamento. Non
mancava proprio nulla.
Almeno
fino a quando non arrivarono “quelli che corrono”.
La
Principessa fu la prima a vederne uno. Si stava recando a un ballo, abbigliata
con eleganza, sulla sua lussuosa carrozza in compagnia di sua cugina Eufemia.
A
un tratto, guardando fuori dal finestrino, vide una copia esatta di se stessa
che correva a fianco della carrozza.
Indossava
persino i suoi stessi vestiti!
La
Principessa si spaventò moltissimo, ma la sua copia esatta le scoccò un
sorriso, continuando a correre alla stessa velocità dei cavalli, apparentemente
senza sforzo alcuno.
Che
magia era mai quella?
La
Principessa diede di gomito a Eufemia, seduta accanto a lei. «Guarda. Guarda!»
disse tutta agitata.
Eufemia
si sporse a guardare, poi fissò la cugina: «Che cosa?» disse scuotendo la
testa. «Non vedo nulla di strano. Solo le solite strade.»
«Ma
come?» sbottò la Principessa.
«Non vedi quella persona simile a me che corre
accanto alla carrozza?»
Eufemia
tornò ad accomodarsi sul sedile, stando attenta a non gualcirsi l’abito nuovo,
e scoccò alla sua vicina un’occhiata preoccupata: «Nessuno può correre a piedi
alla stessa velocità di una carrozza, cara cugina. Forse sei un po’ affaticata…»
La
Principessa non prese affatto bene quel commento e si voltò immusonita a
guardare fuori mentre Eufemia, a disagio, si sporgeva per guardare fuori dall’altro
lato della carrozza.
La
copia della Principessa continuò a correre per un buon tratto, poi fece un
cortese cenno di saluto e accelerò ancora, sparendo ben presto alla vista.
Dopo
un bel po’ di silenzio, improvvisamente Eufemia si lasciò sfuggire una specie
di singulto spaventato, portandosi una mano al petto. Adesso era lei a
sostenere di vedere una ragazza simile a lei che correva a fianco della
carrozza! La Principessa, invece, non riusciva a scorgere proprio nessuno.
Da
quel momento, chi prima chi dopo, tutti gli abitanti dei Regno Felice
iniziarono a vedere ogni tanto copie di se stessi che correvano indaffarate di
qua e di là. Ognuno poteva vedere solo il proprio doppio e non riusciva a
scorgere quelli degli altri, ma il fenomeno era così diffuso che la gente
iniziò a parlarne, chiamando queste copie “quelli che corrono” e interrogandosi
a vicenda.
Il
Re, preoccupato, inviò banditori per tutto il regno, promettendo la mano della
Principessa a chi fosse riuscito a spiegare e far cessare quello strano
fenomeno, ma non si presentò nessuno.
Un
giorno, però, arrivò nel regno un
forestiero. Era un giovane di bell’aspetto, vestito modestamente e con pochi
averi racchiusi in un fagotto che
portava in spalla.
«Buondì,
caro oste» disse cortesemente sedendosi al tavolo della locanda. «Certo che
avete un bel traffico, da queste parti, con i vostri doppi che corrono in quel
modo di qua e di là!»
L’oste,
nell’udire quelle parole, per poco non rovesciò la caraffa del vino. «Dunque
voi li vedete?» si affrettò a chiedere e alla risposta affermativa inviò in
tutta fretta il suo garzone al palazzo, per avvertire il Re.
In
men che non si dica arrivarono infatti le guardie, che prelevarono il giovane e
lo condussero senza tanti complimenti al cospetto del Re.
Il
sovrano in quel momento era particolarmente di cattivo umore, visto che il suo
doppio sfrecciava dal mattino per le sale del palazzo, così si rivolse molto
bruscamente al ragazzo: «Dunque voi
sostenete di vedere quelli che corrono?»
«Certo
che sì, vostra Maestà, poiché io sono uno di loro» rispose quello con un
grazioso inchino.
«Stento
davvero a credervi. Anche perché voi non correte. E ditemi, vedete niente in
questa sala?» chiese ancora il Re.
«Vedo
il vostro doppio, Maestà, che corre da tutte le parti e corrono anche di doppi
delle vostre guardie, dei domestici, del ciambellano e della vostra graziosa
figlia. C’è un bel po’ di confusione, Maestà.»
«Appunto.
Quindi non fatemi spazientire e ditemi come far cessare questa baraonda. Questo
è un regno ordinato, sapete…»
«
Questo è il problema, Maestà. Troppo ordinato. Quelle figure che vedete correre
di qua e di là, sono le portatrici di tutto quello che, nelle vostre vite, non
lasciate scorrere liberamente. Sono i desideri inespressi, gli impulsi non
seguiti, le regole inutili non infrante. Più voi siete ubbidienti e ordinati,
più loro devono essere disobbedienti e disordinati.»
«Ma
come facciamo a farli smettere?»
«Ascoltando
di più quello che vi chiede il cuore. Adesso, per esempio, il vostro doppio
vorrebbe tanto uscire in giardino a godersi una bella passeggiata sotto il
sole, mentre voi siete chiuso qui dentro a occuparvi di questioni serie.
Provate a uscire per una breve passeggiata, e poi vedrete che il vostro doppio
accetterà di stare un pochino più calmo quando serve. E quando i vostri
desideri e i vostri doveri saranno più equilibrati, vedrete che il vostro
doppio se ne andrò in giro per conto suo, a vivere la vita che voi non potete.
Io, per esempio, sono il doppio di un serissimo Principe che vive oltre le
montagne. Da quando lui ha accettato anche di divertirsi e seguire di più il suo
cuore, io ho potuto andarmene in giro per il mondo per conto mio, perché lui
non ha più bisogno di me.»
Non
fu facile, far accettare quella verità a Regno Felice, ma visto che c’era una
regola che lo imponeva, pian piano gli abitanti presero ad ascoltare un po’ di
più i loro cuori e un po’ meno le regole, fino a quando i doppi non iniziarono
ad andarsene dal paese, più tranquilli e soddisfatti di prima.
Il
Re, che era un uomo di parola, voleva dare sua figlia in sposa al doppio del
principe, ma quello naturalmente rifiutò e chiese invece la mano della copia
della principessa, con cui partì felice per proseguire il suo vagabondare.
Sarebbe meraviglioso poter seguire solo gli impulsi del cuore ma ormai siamo quasi tutti prigionieri di regole e limitazioni imposteci sin dalla nascita e che difficilmente infrangeremmo.
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