martedì 10 novembre 2015

Quelli che corrono


Mi dispiace per il lungo silenzio, ma spero che vorrete perdonarmi. A volte mi perdo.






Ecco una nuova fiaba.


Quelli che corrono


C’era una volta un regno felice. O, almeno, così credevano i suoi abitanti. Avevano tutto: carrozze che correvano veloci, abiti eleganti per andare alle feste, giorni ben ordinati e leggi che regolavano ogni cosa e ogni comportamento. Non mancava proprio nulla.
Almeno fino a quando non arrivarono “quelli che corrono”.
La Principessa fu la prima a vederne uno. Si stava recando a un ballo, abbigliata con eleganza, sulla sua lussuosa carrozza in compagnia di sua cugina Eufemia.

A un tratto, guardando fuori dal finestrino, vide una copia esatta di se stessa che correva a fianco della carrozza.
Indossava persino i suoi stessi vestiti!
La Principessa si spaventò moltissimo, ma la sua copia esatta le scoccò un sorriso, continuando a correre alla stessa velocità dei cavalli, apparentemente senza sforzo alcuno.
Che magia era mai quella?
La Principessa diede di gomito a Eufemia, seduta accanto a lei. «Guarda. Guarda!» disse tutta agitata.
Eufemia si sporse a guardare, poi fissò la cugina: «Che cosa?» disse scuotendo la testa. «Non vedo nulla di strano. Solo le solite strade.»
«Ma come?» sbottò la Principessa.
 «Non vedi quella persona simile a me che corre accanto alla carrozza?»
Eufemia tornò ad accomodarsi sul sedile, stando attenta a non gualcirsi l’abito nuovo, e scoccò alla sua vicina un’occhiata preoccupata: «Nessuno può correre a piedi alla stessa velocità di una carrozza, cara cugina. Forse sei un po’ affaticata…»
La Principessa non prese affatto bene quel commento e si voltò immusonita a guardare fuori mentre Eufemia, a disagio, si sporgeva per guardare fuori dall’altro lato della carrozza.
La copia della Principessa continuò a correre per un buon tratto, poi fece un cortese cenno di saluto e accelerò ancora, sparendo ben presto alla vista.
Dopo un bel po’ di silenzio, improvvisamente Eufemia si lasciò sfuggire una specie di singulto spaventato, portandosi una mano al petto. Adesso era lei a sostenere di vedere una ragazza simile a lei che correva a fianco della carrozza! La Principessa, invece, non riusciva a scorgere proprio nessuno.
Da quel momento, chi prima chi dopo, tutti gli abitanti dei Regno Felice iniziarono a vedere ogni tanto copie di se stessi che correvano indaffarate di qua e di là. Ognuno poteva vedere solo il proprio doppio e non riusciva a scorgere quelli degli altri, ma il fenomeno era così diffuso che la gente iniziò a parlarne, chiamando queste copie “quelli che corrono” e interrogandosi a vicenda.

Il Re, preoccupato, inviò banditori per tutto il regno, promettendo la mano della Principessa a chi fosse riuscito a spiegare e far cessare quello strano fenomeno, ma non si presentò nessuno.

Un giorno, però,  arrivò nel regno un forestiero. Era un giovane di bell’aspetto, vestito modestamente e con pochi averi  racchiusi in un fagotto che portava in spalla.   
«Buondì, caro oste» disse cortesemente sedendosi al tavolo della locanda. «Certo che avete un bel traffico, da queste parti, con i vostri doppi che corrono in quel modo di qua e di là!»
L’oste, nell’udire quelle parole, per poco non rovesciò la caraffa del vino. «Dunque voi li vedete?» si affrettò a chiedere e alla risposta affermativa inviò in tutta fretta il suo garzone al palazzo, per avvertire il Re.
In men che non si dica arrivarono infatti le guardie, che prelevarono il giovane e lo condussero senza tanti complimenti al cospetto del Re.
Il sovrano in quel momento era particolarmente di cattivo umore, visto che il suo doppio sfrecciava dal mattino per le sale del palazzo, così si rivolse molto bruscamente al ragazzo:  «Dunque voi sostenete di vedere quelli che corrono?»
«Certo che sì, vostra Maestà, poiché io sono uno di loro» rispose quello con un grazioso inchino.
«Stento davvero a credervi. Anche perché voi non correte. E ditemi, vedete niente in questa sala?» chiese ancora il Re.
«Vedo il vostro doppio, Maestà, che corre da tutte le parti e corrono anche di doppi delle vostre guardie, dei domestici, del ciambellano e della vostra graziosa figlia. C’è un bel po’ di confusione, Maestà.»
«Appunto. Quindi non fatemi spazientire e ditemi come far cessare questa baraonda. Questo è un regno ordinato, sapete…»
« Questo è il problema, Maestà. Troppo ordinato. Quelle figure che vedete correre di qua e di là, sono le portatrici di tutto quello che, nelle vostre vite, non lasciate scorrere liberamente. Sono i desideri inespressi, gli impulsi non seguiti, le regole inutili non infrante. Più voi siete ubbidienti e ordinati, più loro devono essere disobbedienti e disordinati.»
«Ma come facciamo a farli smettere?»
«Ascoltando di più quello che vi chiede il cuore. Adesso, per esempio, il vostro doppio vorrebbe tanto uscire in giardino a godersi una bella passeggiata sotto il sole, mentre voi siete chiuso qui dentro a occuparvi di questioni serie. Provate a uscire per una breve passeggiata, e poi vedrete che il vostro doppio accetterà di stare un pochino più calmo quando serve. E quando i vostri desideri e i vostri doveri saranno più equilibrati, vedrete che il vostro doppio se ne andrò in giro per conto suo, a vivere la vita che voi non potete. Io, per esempio, sono il doppio di un serissimo Principe che vive oltre le montagne. Da quando lui ha accettato anche di divertirsi e seguire di più il suo cuore, io ho potuto andarmene in giro per il mondo per conto mio, perché lui non ha più bisogno di me.»

Non fu facile, far accettare quella verità a Regno Felice, ma visto che c’era una regola che lo imponeva, pian piano gli abitanti presero ad ascoltare un po’ di più i loro cuori e un po’ meno le regole, fino a quando i doppi non iniziarono ad andarsene dal paese, più tranquilli e soddisfatti di prima.

Il Re, che era un uomo di parola, voleva dare sua figlia in sposa al doppio del principe, ma quello naturalmente rifiutò e chiese invece la mano della copia della principessa, con cui partì felice per proseguire il suo vagabondare.   

1 commento:

  1. Sarebbe meraviglioso poter seguire solo gli impulsi del cuore ma ormai siamo quasi tutti prigionieri di regole e limitazioni imposteci sin dalla nascita e che difficilmente infrangeremmo.

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