lunedì 4 dicembre 2017

Dodò



La fiaba di oggi. Buonanotte. Buone fiabe


Dodò

Uscire in barca era sempre stata la passione di Enrico. Il ragazzo diresse la prua della piccola imbarcazione dritta verso l’alba e l’orizzonte con un sospiro di soddisfazione. Che cosa poteva esserci di più bello?
Navigò fino a perdere di vista la riva. Quello che amava di più era trovarsi immerso in quell’azzurro senza fine, solo, facendosi cullare dal dolce movimento delle onde.
Iniziando a sentire fame, spostò con una mano la cerata sotto cui aveva gettato lo zaino con qualche provvista.
Un suono inquietante lo fece sobbalzare. Una specie di stridio sgraziato fu seguito da uno spostamento della cerata che rivelò la creatura più strana che Enrico avesse mai visto. Era una specie di uccello grandissimo, con un becco enorme e lunghe zampe palmate.
Ripresosi dalla sorpresa, il ragazzo iniziò a gridare e agitare le braccia, sperando così di convincere l’inatteso ospite a prendere il volo e andarsene per la sua strada. Ma dopo vari tentativi, ottenendo in risposta solo uno sguardo francamente incuriosito da parte del pennuto, dovette arrendersi all’evidenza. Probabilmente quella strana creatura non era in grado di volare. Aveva tutte le proporzioni sbagliate. Però non sembrava minaccioso, così Enrico iniziò a rilassarsi e divise con lo strano essere la sua semplice colazione.
Solo allora si accorse che il movimento delle onde si faceva rapidamente più incalzante, mentre scure nubi minacciose si addensavano rapidamente sopra di loro.
La tempesta si abbatté quasi all’improvviso sulla piccola barca, sballottandola violentemente e finendo, dopo molto tempo, per scaraventarla su una piccola isola disabitata.
Tra tuoni e lampi, Enrico cercò di trarre a riva i resti malconci del natante, mentre il pennuto, che ormai Enrico aveva preso a chiamare Dodò, si stringeva vicino a lui palesemente terrorizzato.
La tempesta si placò rapidamente come era arrivata, ma Enrico dovette tristemente rendersi conto di essere isolato dal mondo. La barca era troppo danneggiata per riprendere il mare e il suo smartphone doveva essere caduto in acqua, chissà quando. Dodò gli dava piccoli colpi con il becco, come a consolarlo, mentre il ragazzo passava rapidamente dall’incredulità alla disperazione.
Passato lo sconforto, cercò di fare buon viso a cattiva sorte e recuperò la cerata per costruire un riparo di fortuna per la notte. Accendere un fuoco fu la faccenda più impegnativa, e gli richiese tante energie che dapprincipio nemmeno si accorse che Dodò si era allontanato, scomparendo alla vista.
Nella luce incerta del tramonto sedette accanto al fuoco, sentendosi molto solo. Dopo chissà quanto tempo, un suono di passi lo fece balzare in piedi, solo per accorgersi che Dodò si stava avvicinando con la sua andatura ondeggiante, portando nel becco diversi pesci che lasciò cadere ai piedi del ragazzo! “Be’, almeno non morirò di fame,” pensò Enrico un po’ rincuorato da quell’aiuto e quella compagnia inaspettati. Già Dodò gli sembrava meno sgraziato. La sua gentilezza, la sua intelligenza iniziavano a renderlo sempre più gradevole ai suoi occhi. Dopo una notte trascorsa sotto il riparo improvvisato, il giovane si svegliò stranamente riposato e ottimista. Non sapeva come, ma aveva finito per addormentarsi sulle piume soffici di Dodò, che a quanto pareva si era prestato di buon grado a fargli da guanciale.
L’ispezione della barca non andò troppo male. La barca era danneggiata, ma la tempesta aveva buttato sulla spiaggia molti pezzi di legno e forse con un po’ di fortuna si poteva riparare. Iniziò a cercare pezzi di legno adatti, mentre il pennuto lo seguiva da presso come un cagnolino, osservando attento  ogni sua mossa.
Dopo un po’, esattamente come il giorno prima, Dodò si allontanò tornando dopo un po’ con abbastanza pesci per sfamare entrambi e in seguito sparì nuovamente, tornando questa volta con tanti pezzi di legno, esattamente del tipo che serviva a Enrico per riparare la barca. Sembrava che avesse memorizzato alla perfezione i gesti del ragazzo e le caratteristiche dei pezzi di legno che metteva da parte o scartava.  
Ci vollero due giorni di lavoro, ma Dodò aiutò così tanto il ragazzo che alla fine la barca fu riparata, e i due riuscirono finalmente a lasciare l’isola, dirigendosi verso la terra ferma.
E mentre tornava felice a casa, Enrico guardò quello strano nuovo amico e all’improvviso lo trovò bellissimo, e seppe che non lo avrebbe più lasciato.  

  

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