La fiaba di oggi. Buonanotte. Buone fiabe
Dodò
Uscire
in barca era sempre stata la passione di Enrico. Il ragazzo diresse la prua
della piccola imbarcazione dritta verso l’alba e l’orizzonte con un sospiro di
soddisfazione. Che cosa poteva esserci di più bello?
Navigò
fino a perdere di vista la riva. Quello che amava di più era trovarsi immerso
in quell’azzurro senza fine, solo, facendosi cullare dal dolce movimento delle
onde.
Iniziando
a sentire fame, spostò con una mano la cerata sotto cui aveva gettato lo zaino
con qualche provvista.
Un
suono inquietante lo fece sobbalzare. Una specie di stridio sgraziato fu
seguito da uno spostamento della cerata che rivelò la creatura più strana che
Enrico avesse mai visto. Era una specie di uccello grandissimo, con un becco
enorme e lunghe zampe palmate.
Ripresosi
dalla sorpresa, il ragazzo iniziò a gridare e agitare le braccia, sperando così
di convincere l’inatteso ospite a prendere il volo e andarsene per la sua
strada. Ma dopo vari tentativi, ottenendo in risposta solo uno sguardo
francamente incuriosito da parte del pennuto, dovette arrendersi all’evidenza.
Probabilmente quella strana creatura non era in grado di volare. Aveva tutte le
proporzioni sbagliate. Però non sembrava minaccioso, così Enrico iniziò a
rilassarsi e divise con lo strano essere la sua semplice colazione.
Solo
allora si accorse che il movimento delle onde si faceva rapidamente più
incalzante, mentre scure nubi minacciose si addensavano rapidamente sopra di
loro.
La
tempesta si abbatté quasi all’improvviso sulla piccola barca, sballottandola
violentemente e finendo, dopo molto tempo, per scaraventarla su una piccola
isola disabitata.
Tra
tuoni e lampi, Enrico cercò di trarre a riva i resti malconci del natante,
mentre il pennuto, che ormai Enrico aveva preso a chiamare Dodò, si stringeva
vicino a lui palesemente terrorizzato.
La
tempesta si placò rapidamente come era arrivata, ma Enrico dovette tristemente
rendersi conto di essere isolato dal mondo. La barca era troppo danneggiata per
riprendere il mare e il suo smartphone doveva essere caduto in acqua, chissà
quando. Dodò gli dava piccoli colpi con il becco, come a consolarlo, mentre il
ragazzo passava rapidamente dall’incredulità alla disperazione.
Passato
lo sconforto, cercò di fare buon viso a cattiva sorte e recuperò la cerata per
costruire un riparo di fortuna per la notte. Accendere un fuoco fu la faccenda
più impegnativa, e gli richiese tante energie che dapprincipio nemmeno si
accorse che Dodò si era allontanato, scomparendo alla vista.
Nella
luce incerta del tramonto sedette accanto al fuoco, sentendosi molto solo. Dopo
chissà quanto tempo, un suono di passi lo fece balzare in piedi, solo per
accorgersi che Dodò si stava avvicinando con la sua andatura ondeggiante,
portando nel becco diversi pesci che lasciò cadere ai piedi del ragazzo! “Be’,
almeno non morirò di fame,” pensò Enrico un po’ rincuorato da quell’aiuto e
quella compagnia inaspettati. Già Dodò gli sembrava meno sgraziato. La sua
gentilezza, la sua intelligenza iniziavano a renderlo sempre più gradevole ai
suoi occhi. Dopo una notte trascorsa sotto il riparo improvvisato, il giovane
si svegliò stranamente riposato e ottimista. Non sapeva come, ma aveva finito
per addormentarsi sulle piume soffici di Dodò, che a quanto pareva si era
prestato di buon grado a fargli da guanciale.
L’ispezione
della barca non andò troppo male. La barca era danneggiata, ma la tempesta
aveva buttato sulla spiaggia molti pezzi di legno e forse con un po’ di fortuna
si poteva riparare. Iniziò a cercare pezzi di legno adatti, mentre il pennuto
lo seguiva da presso come un cagnolino, osservando attento ogni sua mossa.
Dopo
un po’, esattamente come il giorno prima, Dodò si allontanò tornando dopo un po’
con abbastanza pesci per sfamare entrambi e in seguito sparì nuovamente,
tornando questa volta con tanti pezzi di legno, esattamente del tipo che
serviva a Enrico per riparare la barca. Sembrava che avesse memorizzato alla
perfezione i gesti del ragazzo e le caratteristiche dei pezzi di legno che
metteva da parte o scartava.
Ci
vollero due giorni di lavoro, ma Dodò aiutò così tanto il ragazzo che alla fine
la barca fu riparata, e i due riuscirono finalmente a lasciare l’isola,
dirigendosi verso la terra ferma.
E
mentre tornava felice a casa, Enrico guardò quello strano nuovo amico e all’improvviso
lo trovò bellissimo, e seppe che non lo avrebbe più lasciato.
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