... e pian piano le pagine si riempiono di nuove fiabe.
La fata di neve
Ivan
l’aveva vista, una fata di neve, quando era bambino e viveva sulle montagne.
Allora,
gli sembrava normale conversare con il gatto di casa e con tutte le creature
dei boschi, aiutandole quando poteva.
La
fata di neve l’aveva vista danzare tra i fiocchi di un’abbondante nevicata,
dalla finestra della sua cameretta. L’aveva osservata a lungo incantato, mentre
la sua figura leggera e quasi trasparente si muoveva danzante e rendeva ogni
fiocco di neve luccicante come un gioiello.
Chiamato
a fare merenda dalla mamma, si era voltato a rispondere e poi non l’aveva più
trovata, ma a lungo l’aveva cercata invano in ogni nevicata.
Poi,
come accade per tutti, era cresciuto e alla fata di neve non aveva pensato più.
Era partito per studiare in una grande città e poi aveva iniziato a lavorare.
Era sempre così serio e concentrato, che a malapena si accorgeva se pioveva o c’era
il sole e solo a tratti si accorgeva stupito del passare delle stagioni.
Ma
quella sera, mentre andava a trovare i suoi genitori sulle montagne, per
qualche motivo la fata di neve gli era tornata in mente. Forse perché nevicava
tanto e i fiocchi di neve che si posavano sul parabrezza erano così luccicanti…
A
un tratto udì un tonfo soffocato contro il cofano e un’imprecazione. Fermò
immediatamente l’auto e scese stupito a vedere che cosa fosse successo. Non c’era
nessuno in giro e quella strada che si copriva rapidamente di neve per fortuna
lo aveva costretto a un’andatura davvero moderata.
Stessa
sulla neve, davanti alle sue ruote c’era una ragazza dai capelli azzurri,
imbacuccata in vari strati di abiti variopinti che sembravano messi insieme
alla rifusa.
“Razza
di somaro!” gli urlò appena lo vide scendere dalla macchina “perché non guardi
dove vai?”
“Ma
io…” iniziò a giustificarsi Ivan, ma la ragazza lo interruppe con un fiume di
parole mentre lui l’aiutava a rialzarsi e la faceva sedere con cautela sul
sedile del passeggero. Aveva intenzione di accompagnarla all’ospedale, ma lei
rifiutò dicendo di sentirsi bene e invece gli chiese – abbastanza imperiosamente
a dire il vero – di condurla piuttosto fino a un certo indirizzo.
Tutto
mortificato, Ivan accettò di accompagnarla, tanto più che il luogo in cui lei voleva
andare era molto vicino alla casa dei suoi genitori. Prima di riavviare l’auto, non poté comunque
fare a meno di notare di sfuggita che sulla strada e sulla neve intorno non c’erano
impronte.
Da
dove era sbucata quella strana ragazza?
Avrebbe
voluto chiederlo a lei, ma fu sommerso da un fiume di parole ininterrotte e
ingarbugliate che lo mettevano al corrente di tutto quello che stava succedendo
in quella zona. L’inverno era particolarmente freddo, nevicava sempre, una
slavina aveva lasciato isolata per tre giorni la piccola frazione fuori dal
paese, gli animali del bosco erano in difficoltà e poi arrivavano anche certi turisti
di città che non sapevano nemmeno guidare.
“Ma
io sono di queste parti,” mormorò Ivan lanciando un’occhiata alla sua
passeggera, che continuò a parlare come se niente fosse. Aveva bei lineamenti
delicati, ma i capelli azzurri tutti spettinati che sbucavano dal cappello
fatto a maglia e gli strani indumenti che indossava la facevano assomigliare a
un fagotto stropicciato. Parlava rapidamente e senza interruzioni, come se
avesse paura di lasciare spazi di silenzio.
Quando
arrivarono a destinazione, Ivan si accorse che erano davanti allo studio di un veterinario.
La ragazza scese rapidamente dall’auto e improvvisamente tacque, prima di
affacciarsi dalla portiera ancora aperta e dirgli in tono infinitamente gentile:
“Grazie per il passaggio, Ivan.”
Poi,
in rapidissima successione, si materializzò davanti ai fari dell’auto un
cerbiatto ferito, mentre la ragazza suonava imperiosamente diverse volte il
campanello prima di dissolversi tra i fiocchi di neve.
Ma
certo! Adesso Ivan ricordava. Era la fata di neve!
Lei
gli fece un breve cenno di saluto, prima di svanire definitivamente. Lasciando
solo un vortice di fiocchi di neve assolutamente brillanti.
Ivan
scese dall’auto, mentre il veterinario un po’ seccato apriva finalmente la
porta.
Naturalmente
Ivan si offrì di pagare le spese per curare il cerbiatto, ma il veterinario lo
guardò bene in viso e poi rifiutò il suo denaro.
Dall’espressione
confusa e felice di Ivan, aveva capito che forse avevano un’amica in comune. Un’amica
di neve.
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