sabato 15 novembre 2014

La tigre

Dopo la più lunga serie di ricadute influenzali della storia, finalmente una fiaba.


La tigre

Il villaggio di C. era appena un gruppuscolo di case sparse in mezzo ai boschi, ma persino lì era giunta notizia della pericolosa tigre che infestava la zona.
Si diceva che potesse assumere sembianze umane e che fosse abilissima a intessere lusinghe per confondere la mente.

Nella casa più isolata di tutte, oltre il crinale della collina, viveva una donna. Non più giovane e non ancora vecchia, si sosteneva preparando rimedi di erbe e raccogliendo quello che la terra le offriva o che lei stessa coltivava nel piccolo campo vicino alla casa.
Pur essendo gentile con tutti, non si legava in particolare a nessuno e quindi si stupì, in quella notte di pioggia, sentendo bussare all’uscio.

Sulla soglia c’era una ragazza avvolta in un abito che sembrava fatto di paglia, fradicia fino all’osso e con un’aria implorante.
- Vi prego, datemi riparo-  la pregò mentre i rivoli di pioggia le colavano dai capelli sul visetto smunto.
La donna la fece entrare senza pronunciare una sola parola. Le indicò la stuoia accanto al fuoco e poco dopo le porse una coperta e una ciotola piena di minestra fumante.
La ragazza ringraziò e divorò la minestra, dopo essersi tolta la strana copertura di paglia e essersi avvolta ben bene nella coperta.
Aveva mani graziose, notò la donna. Con piccole unghie appuntite.
Dopo aver mangiato, la ragazza si accoccolò accanto al fuoco e si addormentò di schianto, come una bestiola esausta.

La donna riattizzò il fuoco, si avvolse anche lei in una coperta e sedette lì vicino, con la schiena appoggiata alla parete.

Ascoltava il rumore della pioggia sul tetto e il respiro regolare della ragazza addormentata.
Passarono le ore.
Il fuoco si spense e la stanza rimase avvolta nell’oscurità, mentre fuori la pioggia continuava a scrosciare.

Nel bel mezzo nella notte, però, ecco risuonare un ringhio sommesso.

La donna rispose con un ringhio a sua volta.

E poi, inaspettatamente, la voce della ragazza.
- Che cosa mi hai fatto?

- Niente di più di quello che è stato fatto a me, figlia mia – rispose la donna senza muoversi.

- Ma io conosco questa voce!
- Per questo, figlia mia, non ti ho parlato prima.
- Che cosa mi hai fatto, madre mia?
- Ti ho dato le stesse erbe che  la strega che abitava qui diede a me, tanti anni fa. Ora sei umana, figliola. Nel bene e nel male, sei umana e lo resterai.
- Perché mi infliggi questa condanna?
- Perché con il tempo ho capito che non è una condanna, ma un dono. Smetterà la voglia di dilaniare e aggredire, col tempo. E gli esseri che incontrerai sul tuo cammino non saranno più prede, per te, ma amici, compagni di viaggio. Non più dovrai vagare da sola, guardandoti dagli uomini. Potrai camminare a testa alta in mezzo a tutti, senza timore per nessuno.

- Ma io ero una belva orgogliosa! Non dovevo temere nessuno, a parte gli uomini.
- Appunto - rispose la donna, levandosi a osservare la prima luce dell’alba.
- Appunto.

1 commento:

  1. Che bello passare di qui e trovare sempre queste belle storie :)
    buona giornata, baci!

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