lunedì 12 maggio 2014

Il pozzo dei desideri

Ecco la fiba di oggi

Il pozzo dei desideri


C’era una volta un giovane re di nome Thomas l’Impavido  che non aveva più nessuno al mondo. Gli era rimasto però accanto il suo precettore, Butinor, un vecchio molto saggio e molto buono, che lo consigliava e lo guidava nella difficile arte di regnare.
Il regno del giovane re era prospero e con la guida di Butinor le cose andavano per il meglio, ma il Capitano delle guardie era un giovane molto ambizioso e con il cuore pieno di invidia.
Anche lui era solo al mondo, ma aveva dovuto farsi strada con le sue forze, senza l’aiuto di nessuno. 
La posizione di Thomas l’Impavido lo riempiva di un’invidia sorda. Quel giovane aveva più o meno la sua età e non era certo più coraggioso di lui, però era amato da tutti e guidato con affetto dal suo precettore e consigliere. Il mondo era pieno di ingiustizie, pensava rodendosi il Capitano quando si coricava nella sua branda per dormire, ma al cospetto del re e del suo consigliere si comportava sempre bene e stava attento a non far trasparire il suo livore, aspettando nell’ombra la sua occasione.
E l’occasione arrivò quando un potente mago che governava su di un regno vicino venne in visita con la proposta di creare un’alleanza tra i due regni, offrendo in sposa a Thomas la sua bellissima figlia Eleonor.
Questo era davvero troppo per il Capitano, che decise di liberarsi di Thomas e di Butinor con uno stratagemma. Approfittando della prima occasione, si avvicinò al potente mago e gli offrì un vino avvelenato, dicendogli di aver ricevuto l’incarico da Butinor di pregarlo rispettosamente di lavarsi di più, quando si presentava a corte, perché aveva un odore pestilenziale. Il mago, ovviamente, si offese e quando fu cotto a puntino il Capitano gli disse anche che, secondo Thomas l’Impavido, il mago era solo un vecchio allocco e la principessa sua figlia era tanto brutta  che avrebbe dovuto andare in giro coperta di bende.
Il mago si infuriò ancor di più, anche  per effetto del vino avvelenato che gli annebbiava la ragione e lo riempiva di rabbia, e all’istante trasformò Thomas l’Impavido in una specie di mummia coperta di bende e il suo precettore in un allocco dicendo: “Vedremo chi è l’allocco, vedremo chi è che deve andare in giro coperto!”
Il Capitano, che non aspettava altro, filò da Thomas e lo persuase che non poteva farsi vedere a corte conciato così. Poi, dicendogli che lo avrebbe portato in un nascondiglio sicuro, lo convinse a seguirlo.
Partirono di notte a cavallo, mentre l’allocco che era stato Butinor li seguiva in volo lanciando altissime strida.
Galopparono a lungo e, quando raggiunsero il luogo più lontano e desolato del regno, il Capitano disse a Thomas di smontare, poi prese il cavallo del re per le briglie e ripartì al galoppo nella notte.
Thomas   rimase così completamente solo e coperto di bende in un luogo desolato e ostile, con un allocco posato su una roccia lì vicino come unica compagnia.
In più, l’allocco non la finiva più di scuotere la testa e di lanciare strida acutissime. Ma Thomas non aveva il soprannome di Impavido per niente. Subito si fece coraggio e si diede dattorno nell’oscurità per trovare almeno un riparo per la notte.  Procedendo a tentoni e inciampando, alla fine trovò quelli che sembravano i resti di un’abitazione in rovina. Qui si accoccolò in un angolo e cadde in un sonno profondo, vegliato dall’allocco dai grandi occhi che finalmente si era zittito. E sognò una bella fanciulla che gli diceva: “Finalmente sei arrivato!”
Al mattino dopo, Thomas si rese conto di essere capitato tra le rovine di quello che doveva essere stato in passato un magnifico castello. C’erano ampi archi di pietra, resti di saloni e di scaloni di marmo  mezzo invasi dalle erbacce. Quel castello doveva essere stato mille volte più bello e lussuoso del suo! Dopo aver vagabondato per un po’ finì in un cortile al cui centro svettava un pozzo. Thomas aveva sete e gettò il secchio per trarre un po’ d’acqua, che era limpida e dolce.
Il resto del giorno lo trascorse per preparasi un pagliericcio nel luogo più riparato delle rovine, per cercare un po’ di cibo, per costruirsi un arco con cui andare a caccia e per ammassare un po’ di legna e di resina per scaldarsi al fuoco e per farsi delle torce che gli illuminassero l’oscurità della notte.
A sera era così stanco che bevve un po’ d’acqua e si addormentò di nuovo come un sasso. E di nuovo sognò la fanciulla che gli diceva: “Finalmente sei arrivato! Salvami.”
Al secondo giorno Thomas ripensò a lungo alla fanciulla del sogno. Lui l’avrebbe salvata volentieri, ma come poteva fare in quelle condizioni? Si diede ancora molto da fare, esplorò i dintorni, cacciò qualche volatile con il suo arco e di nuovo a sera bevve un po’ d’acqua e cadde in un sonno profondo. La fanciulla gli comparve di nuovo in sogno: “Finalmente sei arrivato! Salvami. Chiedi al pozzo.”
Al terzo giorno Thomas, per quanto perplesso per quei sogni, era deciso a partire presto per esplorare ancora i dintorni, ma l’allocco continuava a tirarlo verso il pozzo.
Thomas cercò di mandarlo via, ma alla fine si rassegnò e trasse un secchio d’acqua dicendo all’allocco: “Ecco, bevi. Come vorrei capire che cosa succede!” All’istante nell’acqua del secchio iniziarono a comparire delle immagini. Così Thomas poté vedere tutto quello che aveva fatto il Capitano e che la bella Eleonor in realtà non era la figlia del mago, ma una principessa che lui aveva spodestato e che teneva legata con un incantesimo.
Di nuovo Thomas sospirò: “Come vorrei tornare come ero prima e poter radunare un esercito.”
Subito le sue bende scomparvero e moltissimi guerrieri equipaggiati di tutto punto iniziarono a uscire dal pozzo.
Espresse ancora due desideri, per rendere a Butinor le sue sembianze e per scoprire che cosa succedeva al suo castello e studiare così la strategia migliore per riconquistare il suo trono e salvare la bella Eleonor.
Così fece, e una volta scacciati per sempre il perfido mago e l’ancor più perfido Capitano, sposò Eleonor e i due riportarono all’antico splendore il castello diroccato con il pozzo dei desideri, dove vissero a lungo pieni di gioia e prosperità.
     

Chissà se anche una fiaba al giorno leva il medico di torno? Io lo spero.

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