mercoledì 28 maggio 2014

Le paperelle affondate


Siamo alla fiaba di oggi.
 

Le paperelle affondate

Il mare, immenso, azzurro e luccicante, attendeva la grande nave carica di container che doveva salpare quel giorno.
Dentro uno di quei container, tutti ordinatamente stivati, c’era un carico di paperelle di gomma che, tra tutti i passeggeri di quella nave, erano le più eccitate all’idea del viaggio.
“Ma vi rendete conto?” stava chiedendo paperella Sofia alle compagne “che attraverseremo l’OCEANO? Le nostre colleghe, al massimo, galleggiano in un vasca da bagno o in una piscina gonfiabile. Come siamo fortunate!”
“Sì,” le rispose paperella Geltrude, “ma tanto, chiuse qui dentro, non vedremo niente di niente…”
“Su, su, state buone,” intervenne subito paperella Beatrice, “che il viaggio è lungo e se iniziate a litigare adesso diventerà un tormento.”
Dentro il container, il chiacchiericcio proseguì sommesso fino a quando si sollevò un grande “Ohh” deliziato nel momento in cui  la nave finalmente prese il mare.
Le paperelle si tenevano occupate con canzoncine, conversazioni e giochi e le giornate di navigazione proseguivano un po’ noiose, ma piacevoli.
Secondo i calcoli delle paperelle (che però, devo dire, in geografia non erano proprio degli assi) si trovavano più o meno nel bel mezzo del Pacifico quando arrivò la TEMPESTA.
Le paperelle venivano sbattute tutte da una parte e dall’altra del container e alcune, vergognandosi un po’- visto che erano fatte apposta per galleggiare- iniziarono a dare chiari segni di soffrire il mal di mare.  Da gialle che erano, diventarono verdastre e poi decisamente verdi, mentre le compagne cercavano di scansarle in tutta quella baraonda di code e becchi sballottati di qua e di là.
“Per la Grande Anatra,” borbottava Geltrude, “Non voglio mai più salire su una nave in vita mia!”
Sofia, che era ormai di un verde brillante, stava zitta e cercava di tenersi ai bordi del container, ma gli ondeggiamenti, davvero molto forti della barca la sballottavano senza pietà.
Rumori stranissimi provenivano da fuori: scrosci di ondate, le urla dei marinai, lanci di razzi di segnalazione, schianti.
Poi, all’improvviso, un colpo fortissimo che ruppe il container e acqua, acqua da tutte le parti.
Dapprincipio si sentirono tutte risucchiare verso il basso, in quell’improvviso silenzio acquatico, tra gli schianti sempre più numerosi dello scafo che si apriva come una scatoletta.
Poi, la loro natura galleggiante le sospinse in alto, in alto, sulla superficie di quel mare arrabbiato.
Sbucarono una dopo l’altra sul pelo dell’acqua e cercarono di tenersi unite, ma non era facile, in mezzo a quelle ondate. Videro i marinai tutti avviliti sulle scialuppe e strani relitti galleggiare intorno a loro.
“Stiamo unite!” strillava Beatrice in quel pandemonio, ma il vento si portava via le sue parole e il gruppo di paperelle finì per dividersi.
Geltrude si trovò chissà come, alla guida di un gruppo di paperelle trascinate verso nord. Quando il mare finalmente si placò, contò le sue amiche e le implorò di farsi coraggio, che prima o poi le correnti le avrebbe portate a terra.
In un altro punto dell’oceano, stava facendo lo stesso Sofia, alquanto rinfrancata dall’aria fresca e dal movimento più tranquillo delle onde che sospingevano lei e le sue amiche verso est.
In un altro punto ancora dell’immenso oceano, anche Beatrice contava le sue compagne, mentre le correnti marine le sospingevano verso sud.
La navigazione non fu esente da rischi, ma le paperelle, appena si furono riprese dallo spavento, iniziarono di nuovo a intrattenersi con giochi e canzoncine, commentando tutte le cose meravigliose che vedevano. E ne vedevano!
Una paperella perse la coda per un morso di un pesce, che però la spuntò subito e se andò sdegnato con grandi colpi di pinne, decidendo evidentemente che la gomma non era cibo per lui.
Le paperelle dirette verso nord, videro distese di ghiaccio, gli iceberg, che si innalzavano come montagne sul mare.
E poi videro delfini e altre creature marine che giocarono con loro, a volte accompagnandole per un tratto.
Le paparelle del gruppo di Sofia, sbarcarono dopo diverso tempo in California, tra gli sguardi sorpresi dei bagnanti che videro arrivare sulla spiaggia quella moltitudine di paperelle un po’ sbiadite dal sole e dall’acqua salata.
Geltrude e le sue amiche, dopo qualche tempo sbarcarono sulle coste dell’Alaska, dove furono raccolte da rudi pescatori molto stupiti di trovarle lì.
Beatrice, che era quella più ferrata in geografia, stava cercando di attraversare il canale di Panama per andare nel Mar delle Antille, di cui aveva sentito parlare molto bene, quando fu catturata e tirata a riva insieme alle sue compagne per mezzo di grandi reti da pesca.
Alla fine, grazie alla televisione che iniziò a interessarsi di quello strano caso, le paperelle vennero a sapere che tutte le loro compagne erano sane e salve, anche se in punti diversi del continente.
Un po’ alla volta, chi da persone grandi, chi da bambini, tutte le paperelle furono adottate e trovarono case accoglienti in cui trascorrere il resto dei loro giorni. Ma tutti i proprietari di quelle paperelle giurano ancora che mantennero sempre il profumo del mare e che di notte narravano nel buio le loro avventure o cantavano sommessamente strane canzoncine. 

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