sabato 31 maggio 2014

La rosa bianca

La fiaba di oggi è dedicata a Dianora


La rosa bianca

La stradina della città di mare si inerpicava ripida verso le montagne mentre Seba il pescatore la risaliva con il fiato corto e la sua cassetta di pesce appena pescato sulle spalle.
Era l’ultima fatica, per quel giorno di primavera straordinariamente caldo. Dopo aver consegnato il suo pesce al ristorante arrampicato a mezza costa, avrebbe potuto riposare un po’.
Sembrava non esserci nessuno, a quell’ora in quella stradetta coperta di ciottoli che correva tra i muri a secco e gli ulivi.
Solo qualche lucertola scappava al suo passaggio, facendo frusciare le foglie delle erbacce che crescevano nelle fessure tra i ciottoli.
Seba si fermò un momento a riprendere fiato. Già intravedeva il belvedere del ristorante, con i suoi tavoli all’ombra del pergolato. I turisti avrebbero avuto il loro pesce fresco per godersi le giornate di festa in quell’angolo di paradiso.
Seba accolse con gioia uno sbuffo di vento leggero che venne a rinfrescarlo e iniziò mentalmente a comporre una poesia su quella giornata così bella.
Era, questo, il suo vizio segreto. Comporre poesie per tenersi compagnia quando era da solo per mare, o quando si trovava per queste viuzze solitarie.
Non le scriveva nemmeno, le sue poesie, accontentandosi del piacere che gli dava tenere occupata la mente giocando con le parole. Molte le ricordava a lungo, altre semplicemente le dimenticava col tempo, senza che nessuno sapesse che erano esistite. 
Stava per rimettersi in cammino quando vide, sul muretto, una rosa bianca bellissima. Era una rosa di quelle selvatiche, con i petali bianchi allargati e un profumo lieve. Quella rosa recisa non doveva essere lì da molto, perché era perfettamente fresca nonostante il sole caldo. Eppure, in giro non c’era nessuno e per quanto si sforzasse Seba non riusciva a vedere nessuna pianta di rose nei dintorni.
Raccolse la rosa, se la infilò nella camicia e proseguì il suo cammino. La padrona del ristorante, un donnone che rideva spesso ed era sempre di buon umore, ritirò il pesce, lo pagò e poi iniziò a scherzare con Seba: “Che bella rosa, che hai lì. Ti sei fatto un’ammiratrice?”
Il pescatore si strinse nelle spalle. Davvero non sapeva da dove provenisse quella rosa bianca.
Scese verso la costa fischiettando e andò a casa. Mise la rosa bianca in un bicchiere pieno d’acqua, si riposò un po’ sul letto e poi prese a ispezionare le reti, appena fuori dall’uscio, per vedere se c’era bisogno di qualche riparazione. Alcune andavano sistemate, in effetti, e lui si mise al lavoro di buona lena, finché gli venne in mente un’altra poesia e iniziò a comporla nella sua mente.
Si stupì un po’ quando si accorse che adesso le rose bianche nel bicchiere d’acqua erano due, ma si limitò a pensare che forse c’era un bocciolo che non aveva notato, che nel frattempo si era schiuso.
Quando venne l’ora, uscì per mare con la sua barca, in una notte limpida che sembrava appena creata apposta per lui. Il cielo indaco era pieno di stelle e una luna enorme si rifletteva nel mare calmo, mentre l’acqua sciabordava dolcemente contro i fianchi della barca. C’era un tale silenzio, una tale pace e una tale bellezza che a Seba venne subito da comporre una silenziosa poesia.   
Questa volta quasi gli venne un colpo, quando notò una rosa bianca, in tutto simile alle altre, posata sul timone.
Quando tornò a casa, mise la nuova rosa insieme alle altre due, lambiccandosi non poco su quel mistero.
Da quel giorno, ogni volta che Seba pensava una poesia, ecco comparire una nuova rosa, ovunque si trovasse. Ne trovò appoggiate alle tende della doccia, sul letto, persino nelle cassette di pesce.
Quelle rose misteriose non appassivano mai e ben presto il bicchiere non bastò più a contenerle. Così, il giorno di mercato, Seba decise di mettersi per strada per andare a comprare un vaso per le sue rose. Molto contento del suo acquisto, decise di mettere il vaso fuori dal porta, mentre stendeva le sue reti, per poter guardare le sue rose e il bell’effetto che facevano, tutte insieme dentro quel vaso.
Preso dalle sue faccende, alla fine se lo dimenticò lì, fuori dall’uscio.
Solo di rientro dalla pesca, avvicinandosi a casa, si ricordò del vaso e rimase di stucco, vedendo che le rose recise si erano trasformate in una pianta di rose che adesso copriva tutto un fianco della porta.
Era bellissima. Mentre Seba si avvicinava, una figura femminile emerse dalla rosa e lo attese paziente. “Chi sei?” chiese Seba un po’ spaventato. “Non importa chi sono,” rispose la figura leggiadra, “ma quello che devo dirti. Non hai capito che le rose bianche sono un messaggio?”
“Questo sì,” disse il pescatore, “ma quale messaggio, io non lo capisco.”
 “Pensa, Seba, pensa. Sono bianche, guardale bene…”
La figura svanì e Seba rimase a lungo a osservare le rose. Avevano petali bianchi e sottili come… come carta.
“Devo scriverle?” mormorò Seba. La pianta di rose ebbe un fremito e crebbe di almeno un palmo sotto gli occhi stupiti del pescatore.
Da quel giorno, le poesie di Seba non vissero più solo nella sua mente, ma divennero poesie in piena regola, scritte su bei fogli di carta bianca e sottile. La rosa, felicemente si arrampicò fino a ricoprire quasi tutta la facciata della casa e la gente veniva da lontano per vederla, quella rosa magnifica in fiore per tutto l’anno. Piano piano, la gente che veniva a vedere la rosa iniziò a conoscere anche le poesie e a parlarne in giro.
Così, Seba il pescatore, divenne famoso come Seba il poeta, il proprietario delle più straordinarie rose mai viste.


Buone fiabe, buonanotte

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