sabato 10 maggio 2014

L'ortica socievole

 Ecco la fiaba sullo spunto di oggi. Non so voi, ma noi iniziamo davvero a divertirci.
Vi ricordo che potete leggere le fiabe degli altri concorrenti, votare le fiabe e gli spunti preferiti o suggerire nuovi argomenti per le fiabe sulla pagina facebook La Disfida delle Fiabe.
La sfida è aperta a tutti. 



L’ortica socievole

Un prato in tarda primavera è un luogo affollato di vita, anche se non tutti se ne accorgono.
Pratoline dai petali arrossati, le ultime primule, le tonde foglie di piantaggine, soffioni di dente-di- leone e tutto un germogliare di nuova vita che si prepara alla bella stagione.
Così, in tutto questo trambusto, può succedere (e succede) che un germoglio di un bel verde chiaro spunti dal terreno, cresca svolgendosi pian piano, spalanchi le sue foglie e… nasca così una gloriosa pianta di ortica.
Almeno così si sentiva quel giorno la giovane ortica Pungetta, mentre si dondolava nella brezza e spalancava per bene le sue prime quattro foglioline.
- Che gran bella giornata per nascere! sospirò Pungetta guardandosi intorno.
Confrontandosi con le altre, vide che era già una tra le piante più alte del prato e ne fu orgogliosa. Certo Madre natura deve avere grandi progetti, per me, se mi ha fatta così alta e slanciata, si compiaceva la giovane ortica, un po’ stupita dell’aria diffidente con cui la guardavano le altre piantine del prato.
Dopo qualche istante, decise che dovevano essere invidiose e non ci badò più. Il mondo era troppo pieno di cose interessanti da scoprire!
Il prato in cui era nata Pungetta era molto grande e ben curato, con vialetti di terra battuta, piante fiorite e splendidi, altissimi alberi. C’erano maestose querce, eleganti salici e slanciati pioppi che svettavano – così pareva a Pungetta – fino al cielo.
 A un tratto si avvicinò un bambino, che raccoglieva diligente margheritine da regalare alla mamma. E raccogli, raccogli, si avvicinò anche a Pungetta, che si tirò su il più possibile per farsi notare pensando Di certo vorrà prendere anche me per il suo mazzolino. Non vedo l’ora di fare amicizia con lui.
In effetti, il bambino si avvicinò ma, non appena sfiorò le foglie di Pungetta, il visino si contorse in una smorfia di dolore, gettò a terra le margheritine e corse dalla mamma piangendo.
L’ortica ci rimase un po’ male, ma poi pensò che a quel bimbo, forse, era venuto male al pancino. Sì, di certo doveva essere così, decise Pungetta riprendendo a guardarsi intorno. Ed ecco arrivare un bel gattino grigio, con il musetto e la punta delle zampine di un bianco candido. Si avvicinava spavaldo come solo le creature molto giovani sono e Pungetta lo trovò subito molto simpatico. Lo salutò con le foglioline cercando di farsi notare. Ehi, bel gattino, sono qui. Vieni a giocare con me?
Il gattino, a dire il vero, non sembrava molto interessato all’ortica. Stava osservando con molta  attenzione un uccellino che saltellava becchettando li intorno. Alla fine si acquattò, muovendo la coda nervoso e d’un colpo si lanciò in avanti, finendo con il musino e la bocca aperta proprio su Pungetta, mentre l’uccellino prendeva rapido il volo.
Ma anche il gattino fece un balzo indietro, gettando un alto lamento prima di allontanarsi in tutta fretta.
Di nuovo l’ortica ci rimase male e quando un petalo profumatissimo le si posò su una foglia sollevò lo sguardo e rimase incantata. Non si era accorta di essere spuntata proprio sotto un bellissimo glicine, tutto pieno di fiori profumati.
Il glicine rise di lei. – Che cosa credevi, povera sciocchina? Non lo sai che le ortiche pungono e nessuno le vuole toccare? Sei un’erbaccia, tu. Io sì che sono amato da tutti. Guarda che bei fiori che ho. Senti che profumo…
In effetti, il glicine era bellissimo e aveva uno splendido profumo.
Mogia mogia, Pungetta si rassegnò a essere una pianta detestata da tutti e destinata a rimanere sola. Con il passare dei giorni, iniziò a temere il momento in cui qualcuno le si avvicinava, perché sapeva che avrebbe finito per fuggire urlando di dolore.
Continuava a crescere, però, anche se avrebbe preferito rimanere più vicino al terreno, dove avrebbe fatto meno danni. Il glicine iniziò a sfiorire, i soffioni a sfaldarsi, e lei diventava sempre più alta.
E poi, un giorno, arrivò un vecchietto con le mani coperte da guanti. Trascurò le margherite, non degnò di uno sguardo i dente-di-leone ormai tutti spampanati, lanciò a malapena un’occhiata distratta al glicine, ma si illuminò di gioia vedendo Pungetta!
L’ortica si guardò intorno. Ma c’era solo lei, in quell’angolo di prato. Il vecchietto si avvicino, tagliò con cura lo stelo e lo ripose delicatamente in un cestino, per poi allontanarsi fischiettando. Vi immaginate quanto fu stupita? - Meno male che ti ho trovata, cara piantina -  disse l’uomo posandola sul tavolo, una volta giunto a casa. – Il dottore mi ha raccomandato di farmi un rimedio per curarmi con i tuoi steli e le tue foglie, perché sei piena di buone cose. Grazie a te, io potrò di nuovo stare bene!
Pungetta, così, diventò nientemeno che una medicina. Una medicina bella e verde che faceva star bene la gente, mentre quando era una piantina faceva soffrire tutti.
Vedete voi se non è strana la vita!

Nessun commento:

Posta un commento