giovedì 22 maggio 2014

Siamo a metà strada…



Veramente, oltre la metà. Tra una paio di settimane, sarà finita questa piccola follia della Disfida.
All’inizio vi dicevo che le idee sono bizzose, ma devo ricredermi.
La disciplina di sedermi ogni giorno alla stessa ora per scrivere la mia fiaba le ha rese molto più mansuete e disciplinate.
Le altre cartine di tornasole del cambiamento in atto sono le prime fiabe che ho scritto per  questa sfida: tutte le cose che cambierei, che scriverei in modo diverso.
Non ho regole generali da darvi, però posso raccontarvi nel modo più onesto possibile che cosa è vero per me.
Ho sempre pensato che qualunque forma di espressione creativa abbia delle virtù curative, anche il semplice decorare un piatto prima di servirlo a tavola.
Più una forma espressiva ci coinvolge, più ci regala benessere e equilibrio. È come avere una radice un po’ più profonda, che ci rende più stabili.

La scrittura, tra tutte le forme di espressione, ha le sue particolarità, che sono moltissime. Ci consente di essere onesti, almeno con noi stessi. Se continuiamo a lamentarci di qualcosa sulle nostre pagine del mattino e poi non facciamo niente per cambiare, ci tocca ammettere controvoglia che forse cambiare, in questo caso, non ci interessa. Ma anche questo è un passo in più verso la comprensione di come funzioniamo.
Credo di averlo già detto, ma per molte discipline orientali conoscere se stessi è la base di ogni cambiamento significativo. Anche il modo in cui si comportano i nostri personaggi, per quanto inventati, e in cui costruiamo una storia alla fine ci racconta qualcosa su di noi.

La scrittura di fiabe ha altre particolarità ancora. Nel linguaggio fortemente simbolico delle fiabe si abbattono tante barriere, si forzano molti blocchi. Se poi si lavora a questi ritmi, ogni giorno, non si ha proprio modo di essere troppo critici e si finisce per lasciar fluire.
E questo, almeno secondo Julia Cameron, è esattamente quello che dovremmo fare per recuperare la salute creativa.
Lasciare fluire. Non essere troppo critici, non cercare la perfezione a tutti i costi, ma accontentarsi di qualcosa di “abbastanza perfetto” e andare oltre. A volte i lavori imperfetti, quelli che Julia Cameron definisce i “brutti anatroccoli”, sono utili e necessari per fare meglio il lavoro successivo.
In questo periodo ho avuto modo di provarlo su di me. A volte una fiaba non mi piace, vorrei cambiarla, ma non ho tempo… però quella successiva è facile che scorra meglio, e allora non è tempo perduto.
Dentro di me, tutto questo lavorio di fiabe mi sta aiutando a tenere meglio l’equilibrio. Se qualcuno mi taglia la strada mentre sto guidando, mi arrabbio per un attimo e poi ritorno subito a pensare ad altro. Non ci rimugino sopra, non lascio che un piccolo imprevisto mi rovini la giornata.
Mi sono accorta che sorrido più spesso. Sono più felice. Ho una gran voglia di buttare via le cose vecchie che ho in casa e rimettere ordine.
Come se dare finalmente un po’ di respiro all’espressione mi facesse venir voglia di dare respiro anche alla mia casa e alla mia vita.
E voi? Vi sta cambiando questa piccola avventura? Vi è venuta voglia di risistemare un cassetto, di uscire a fare due passi invece di rimanere davanti alla televisione?
Se sì, ne sono contenta per voi.

La fiaba di oggi non parte da uno dei soliti spunti. Ho pensato di prendere un’immagine fiabesca e di lasciarmi trasportare dalla fantasia. Vedremo che cosa ne verrà fuori.
A più tardi!
Ma intanto, grazie per essere stati con me fino a qui.

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