giovedì 11 settembre 2014

Il Lago dei Desideri

Il Lago dei Desideri

C’era una volta, tanto tempo fa, una fata insoddisfatta che si chiamava Selenia.
Soffriva d’insonnia, poverina, e di notte vagava irrequieta nei boschi, chiedendosi che cosa le mancasse per essere felice.
Il suo migliore amico era il draghetto Spiffero, che spesso l’accompagnava nei suoi vagabondaggi notturni.
«Ma insomma, che cosa vorresti?» le chiedeva spesso il draghetto, un po’ esasperato.
Ma Selenia non lo sapeva nemmeno lei e così, una notte, Spiffero la guidò fino a un bellissimo lago tranquillo, che scintillava sotto la luna.
«Che posto è mai questo?» chiese la fata impressionata dalla bellezza del luogo.
«Questo è il Lago dei Desideri. Qui si arriva solo nelle notti di luna piena e la notte non trascorre fino a quando non si è espresso almeno un desiderio. Rimarremo qui fino a quando non avrai capito che cosa ti manca per essere felice e poi non ne parleremo più.»
«Ma quanti desideri posso esprimere?»
«Dopo il primo, il tempo riprende a scorrere normalmente e bisogna allontanarsi prima dell’alba. Ma fino a quel momento puoi esprimere tutti i desideri che vuoi.»
La fata batté le mani contenta e si accomodò sulla riva, ragionando tra sé e sé.
Che cosa avrebbe potuto chiedere? Voleva pensarci proprio bene.
Interrogò il suo cuore.
Le sarebbe piaciuto proprio tanto chiedere la felicità per tutte le creature del mondo.
“Così,” pensava, “potrei imparare come essere felice osservando gli altri.”
In quel momento un coniglietto del colore della luna le passò saltellando vicino. Così si rese conto di essere già circondata da creature felici. E poi capì anche che, senza nessuna traccia d’infelicità, anche la felicità avrebbe perso sapore. “Non si può comprendere la luce, se non si conosce il buio,” ragionava la fata.
Avrebbe potuto chiedere la capacità di guarire all’istante tutte le malattie… ma poi che ne sarebbe stato di tutti coloro che si guadagnavano da vivere curando gli altri?
 Sospirò e si distese, continuando a interrogarsi.
Il tempo non scorreva, in quel luogo e la fata continuò a pensare e pensare fino a trasformarsi in un masso.
Spiffero le svolazzava intorno, alquanto preoccupato. Adesso Selenia era diventata una fata di pietra.
 «Oh, povero me!» borbottava tutto agitato il draghetto, cercando di riscuoterla.
Ma la fata di pietra rimaneva immobile e silenziosa.
Impossibile dire quanto tempo non trascorse, in quella situazione sospesa, ma alla fine spiffero non riuscì più a trattenersi e sbottò con voce forte e chiara: «Desidero che la fata si risvegli!»
Selenia emerse all’istante dalla sua forma di pietra, stiracchiandosi e sbadigliando.
«Ma da quanto tempo siamo qui?» chiese al suo amico drago, per la verità notando che le sembrava alquanto cresciuto.
Era impossibile dirlo, visto che per tutto il tempo in cui la fata era rimasta indecisa il tempo aveva smesso di scorrere in quel luogo.
Ma all’improvviso alla fata venne una gran nostalgia del suo bosco e del suo comodo lettuccio.
Il tempo aveva ripreso a scorrere e la fata espresse l’unico desiderio che in quel momento le sembrava possibile.
«Desidero che le cose vadano un po’ meglio per tutti. Non grandi cambiamenti, visto che non so ragionare in termini assoluti. Solo un po’ meglio di adesso. E la prossima volta, chiederò che vadano un po’ meglio ancora…»
Così, espresso finalmente il suo desiderio, Selenia tornò insieme a Spiffero nel suo bosco, e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì un po’ più felice, pensando che alla prossima luna piena…




Vi chiedo perdono per la breve assenza. Anche i Cantafiabe ogni tanto devono tornare con i piedi per terra. 
Ma sono di nuovo qui, ad augurarvi buonanotte e buone fiabe...

lunedì 1 settembre 2014

Lo spray antimostri

Lo spray antimostri


A Sabina e Giulio la nuova casa piaceva moltissimo. C’era un bel giardino e, per la prima volta, una camera per ciascuno. Fino a quel momento avevano dovuto dividere la stessa stanza, in una baraonda di automobiline e bambole, libri e quaderni di scuola.
Adesso, finalmente, Sabina si guardava intorno sospirando nella sua cameretta nuova.
La mamma le aveva già dato il bacio della buonanotte e la luce era spenta, ma la luna piena entrava dalla finestra e le permetteva di vedere tutto.
C’era un odore strano, nella nuova casa.
Poi, un’ombra.
Sabina guardò velocemente verso la finestra. Qualcosa si era mosso, ne era sicura. Rimase ferma nel suo lettino ancora un po’.
Di nuovo quella strana ombra…
- Mammaaaaaa!
I passi della mamma, la porta che si apriva lasciando entrare la rassicurante luce del corridoio.
- Mamma, c’era un mostro!
- Non c’è nessun mostro, piccola. Stasera c’è un po’ di vento che fa muovere i rami degli alberi del giardino e tu non sei ancora abituata a questa casa nuova.
- Posso dormire con Giulio?
- Ma come? Eri così contenta di avere una camera tutta per te…
La mamma si avvicinò alla finestra, la aprì e guardò fuori inspirando l’aria fresca.
- Va tutto bene, cara. Stai serena.
Un altro bacio della buonanotte, una carezza, la porta nuovamente chiusa e il suono dei passi della mamma che si allontanavano.
Sabina rimase a letto impietrita. Non riusciva proprio a dormire, con l’idea di quel mostro che, ne era certa, si aggirava in giardino.
SBAM! La finestra si spalancò di colpo e Sabina, con il cuore che batteva all’impazzata, si precipitò nella camera di Giulio.  
Suo fratello era a letto, ma nemmeno lui dormiva.
- Che cosa c’è? chiese vedendola entrare.
- C’è un mostro in giardino.
- Sì. L’ho visto. Ma qui non si può avvicinare.
- Perché?
- Perché io ho uno spray antimostri!
Giulio tirò fuori una bomboletta dall’aria misteriosa.
- Come funziona? chiese la sorella accomodandosi sul letto.
- Basta spruzzarlo e li tiene lontani. Così.
Giulio schiacciò il pulsante, e una nuvoletta profumata fece pizzicare il naso di Sabina. Sapeva di budino alla vaniglia e di altre cose buone e dolci.
- Ma sei sicuro che funziona?  
- Sicurissimo.
La bimba prese in mano la bomboletta e la osservò attentamente. C’erano delle scritte, ma lei non sapeva ancora leggere.
- Di’, me lo presti?
- Solo questa sera. Domani, vai a prenderne uno tutto tuo.
- E dove?
- Io l’ho preso in un negozio che a volte scompare, vicino alla scuola. Certi giorni, passi e c’è solo un vecchio negozio vuoto e polveroso. Certi giorni, sembra tutto nuovo, è pieno di cose interessanti e vorresti comprare tutto…
Alla fine lo spray antimostri fu usato anche in camera di Sabina, che non ebbe più problemi nella nuova casa, anche se non le riuscì mai di trovare quel famoso negozio vicino alla scuola.
Almeno fino a quando non andò a scuola anche lei, ma questa è un’altra storia…

Perla e il lupo

Perla e il lupo

C’era una volta un regno in cui abitava una fanciulla di nome Perla.
La giovane viveva con il vecchio padre e ogni giorno andava per i boschi a raccogliere legna e bacche. La gente del villaggio le diceva sempre di non farlo, poiché era stato avvistato nei dintorni un grande lupo, ma Perla aveva un cuore coraggioso e faceva di necessità virtù.
Durante una di queste ricerche, affascinata da una pianta di bacche rosso rubino e con un profumo paradisiaco, non badò a dove metteva i piedi e precipitò in una grande buca.
Stranamente cadde su qualcosa di morbido. Si rialzò lesta e si guardò intorno.
La buca era molto profonda e la cosa su cui era caduta sembrava un ammasso di pelliccia.
Si avvicinò per toccarla e quella guaì piano. Il sole stava rapidamente calando, ma nella penombra la fanciulla si accorse che doveva essere un animale ferito.
Iniziò quindi ad accarezzarlo e a parlare dolcemente, cercando di rassicurarlo.
“Non temere, amico, mio. Adesso è buio, ma vedrai che domani ci troveranno e ci tireranno fuori da qui.”
A tastoni trovò la fiaschetta dell’acqua che portava sempre con sé, se ne versò un po’ sulla mano e offrì da bere al suo compagno di prigionia. Poi continuò a parlargli e accarezzargli la pelliccia fino a cadere addormentata. Potete immaginare il suo stupore quando, svegliatasi alle prime luci dell’alba, si accorse di avere trascorso tutta la notte appoggiata a un enorme lupo dal manto bianco!
Il lupo le parlò: ”Non avere paura. Tu sei stata gentile con me e io lo sarò con te. Adesso salimi sulla schiena, così potrai uscire.”
Così dicendo il lupo appoggiò le sue zampe alla parete della buca e Perla, arrampicandosi sulla sua schiena, riuscì infine a liberarsi.
“Adesso vado a cercare aiuto,” disse subito al lupo appena fu libera.
“Allora vuoi la mia morte,” rispose quello. “Se mi trovano mi uccidono. È da tempo che mi danno la caccia.”
Perla si guardò intorno, e vide il tronco di un albero caduto. Riuscì a farlo rotolare fino alla buca e con uno sforzo ne fece cadere un’estremità all’interno, mentre l’altra rimaneva appoggiata sul bordo. Servendosi di quella sorta di ponte improvvisato, ben presto anche il lupo fu libero.
Per ricompensa condusse Perla fino a una tana segreta e le donò un sacco pieno di perle e di pietre preziose dicendo: “Io non dimentico mai chi mi è stato amico. Accetta questo dono e sappi che, ogni volta che mi chiamerai, io verrò da te.”
La giovane lo ringraziò calorosamente e tornò a casa, felice di poter dire al padre che le loro preoccupazioni erano finite.
Con le pietre preziose si garantirono una vita agiata e la ragazza prese l’abitudine di adornarsi ogni giorno con le perle più belle.
Ma un giorno che la regina passava in carrozza vicino alla sua casa, vide la bella fanciulla indossare quelle perle magnifiche e si adombrò. “Com’è possibile che i miei sudditi più modesti abbiano ornamenti più belli e preziosi dei miei?” si chiese piena di invidia.
Così, appena tornata al castello, diede ordine di andare a catturare la ragazza, di spogliarla dei suoi ornamenti e di gettarla nelle segrete.
Le guardie stavano giusto per condurla via, quando Perla si ricordò di chiamare il lupo e quello arrivò in un batter d’occhio, caricandosela sul dorso e dileguandosi nei boschi.
La condusse in una tana spaziosa, dicendole che poteva rimanere fin che voleva, ma la ragazza rifiutò. Non si dava pace per aver abbandonato il suo vecchio padre e si pentiva di essersi attirata per vanità le ire della regina.
“Lascia fare a me,” le disse allora il lupo bianco.
Nel cuore della notte prese una bellissima collana di perle e si avvicinò al castello.
“Ho fatto uno strano sogno,” disse la regina al re al risveglio. “Ho sognato che qualcuno mi lasciava in dono qualcosa sul davanzale della finestra, dicendo che era per la persona più generosa e magnanima del regno.”
“Infatti qui c’è una collana di perle,” disse il re affacciandosi alla finestra.
Così andò avanti per un bel pezzo. Ogni notte il lupo bianco lasciava un oggetto prezioso per la regina, e ogni notte lei sognava che qualcuno la lodava per la sua generosità, per la sua mancanza d’invidia, per la sua capacità di perdonare, per la sua bellezza…
In capo a un mese, la regina si era davvero convinta di essere generosa e di buon cuore, al punto che decise di dare una grande ballo per offrire il suo perdono a tutti coloro che l’avevano offesa.
“Questa è la tua occasione,” disse quindi il lupo a Perla. Le procurò un abito magnifico e le fece indossare le perle più belle. La fanciulla si recò al ballo ed era così bella che il principe subito se ne innamorò e la chiese in sposa.
La regina non ebbe niente da ridire, anzi, ne fu contenta.
Il vecchio padre di Perla fu invitato a vivere a palazzo con loro e vissero per sempre in salute e in letizia.
 

   Una fiaba nata da un'immagine di Facebook. Buona lettura!