domenica 22 febbraio 2015

Di giada e d'ambra




Di giada e d'ambra


C’era una volta, in tempi antichissimi, un cavaliere nero come la notte che aveva una sposa luminosa come il giorno.
I due si amavano teneramente e dal loro felice matrimonio nacquero due figlie bellissime, che i genitori vollero chiamare come pietre preziose: Giada e Ambra.
Dopo alcuni anni, però, la luminosa sposa del cavaliere si ammalò e iniziò deperire pian piano. A nulla valsero le cure dei medici migliori del regno e i lunghi viaggi in cerca di questo o quel rimedio. Fino a che, quando ormai tutto il resto aveva fallito, qualcuno consigliò al cavaliere di andare a interpellare la Maga della Montagna.
Disperato, il cavaliere si mise in viaggio e arrivò in cima alla montagna che ormai era l’alba. 
Dalla grotta che gli avevano indicato uscì una donna che non sarebbe corretto definire vecchia.
Era, piuttosto, antica. Ogni centimetro della sua pelle era coperto da strani disegni e aveva l’aria rinsecchita ma forte di alcuni vecchi alberi che sopravvivono ai secoli. Appeso all’orecchio sinistro, aveva un minuscolo campanellino d’argento che tintinnava a ogni movimento.
La donna, dicevamo, uscì dalla grotta per salutare l’alba e si trovò davanti al viaggiatore esausto.
- Vai via! – gli disse solo, prima di dedicarsi alle sue faccende. 
Al tramonto, il viaggiatore era ancora davanti alla grotta, immobile come una statua. 
La Maga della Montagna sospirò e gli andò davanti.
- Ti ascolto – disse prima di sedersi a terra, imitata immediatamente dal cavaliere che usò tutta la sua eloquenza e tutte le sue migliori maniere per esporre la sua situazione e chiedere l’aiuto della Maga. 
Lei lo ascoltò in silenzio per tutto il tempo necessario, poi si alzò di scatto.
- Non ho rimedi per il tuo problema. Vai via!
Il cavaliere non si lasciò scoraggiare e si rimise in piedi fuori dalla grotta. 
La Maga rientrò e si coricò sul suo giaciglio, quando all’improvviso si accorse che la grotta era illuminata da uno strano chiarore. 
Ai piedi del suo pagliericcio c’era l’immagine di una donna luminosa come il giorno, con un’espressione sofferente sul viso. Stava lì in silenzio, immobile come una statua. 
Per tutta la notte la Maga  si girò e si rigirò, e ogni volta l’immagine della dama luminosa era lì immobile a guardarla.
All’alba, quando uscì per salutare il giorno, la maga vide che il cavaliere era ancora lì, in piedi, immobile fuori dalla grotta.  E così andò avanti ancora il giorno e la notte successiva e quella dopo ancora.
Diventata un po’ irritabile per la mancanza di sonno, all’alba del quarto giorno la Maga fece cenno al cavaliere di entrare nella grotta.
- Certo che tu e la tua sposa avete una bella tenacia, quando si tratta di convincere la gente ad aiutarvi!- sbottò ravvivando le fiamme del focolare, che fissò muta per qualche tempo.  
Infine si rivolse al cavaliere, offrendogli una ciotola d’acqua e un po’ di cibo.
- Ascoltami bene. Devi andare dal re e offrirgli i tuoi servigi per un anno. Sta proprio cercando qualcuno come te e ti ricompenserà con generosità. Allo scadere dell’anno, con il compenso devi  costruire una stanza di giada e d’ambra. Scegli solo i materiali migliori e conserva con cura la chiave di quella stanza, in cui dovrai entrare tu solo nelle notti di luna piena. La tua sposa sarà lì e potrete vedervi ancora. Di più, non posso fare. Ricorda: custodisci con cura la chiave!

Il cavaliere si profuse in ringraziamenti e si offrì di ricompensare la maga, che rifiutò e si congedò coi consueti modi rudi. 
Tornato a casa, apprese con enorme dolore che la sua sposa era spirata proprio la sera in cui lui aveva raggiunto la grotta della Maga, ma nella speranza di rivederla ancora decise comunque di seguire le indicazioni della strana donna della montagna. 
Andò dal re, lo servì fedelmente e allo scadere dell’anno chiese la sua ricompensa che fu invero molto generosa. Con quella, fece costruire una stanza segreta, interamente di giada e d’ambra che teneva sempre accuratamente chiusa.
- Quanti misteri! – si lamentavano le figlie. – Come se non bastassero le stranezze, ogni notte da quando sei partito abbiano sentito un suono di campanellino fuori dalle finestre, ma non abbiamo mai visto nessuno!
Ricordando il campanellino d’argento appeso all’orecchio della maga, il cavaliere sorrideva e moltiplicava i suoi sforzi per completare la stanza segreta prima della luna piena.
E la luna piena arrivò e la stanza era pronta e il cavaliere vi incontrò davvero la sua luminosa sposa.
Parlarono fino all’alba, rinnovandosi promesse d’amore e consigliandosi per la vita delle adorate figlie. 
Così proseguì, anno dopo anno. In certe notti anche il cavaliere sentiva riecheggiare all’esterno il suono di un campanellino, senza mai riuscire a scorgere nessuno.  
Le bellissime figlie infine crebbero e si sposarono con amore.
Il cavaliere, ormai un po’ avanti con gli anni, rimase solo nella casa che sembrava all’improvviso troppo grande. Continuava a recarsi nella stanza di giada e d’ambra ad ogni notte di luna piena per incontrare la sua sposa, ma divenne un po’ meno accorto nel custodire la chiave di quella stanza, sapendosi solo in casa.
E così accadde. Una gazza ladra trovò quella chiave luccicante abbandonata sul tavolo e se la portò via, volando dalla finestra.  
Il cavaliere, approssimandosi la luna piena, frugò piangendo ogni stanza e ogni angolo, ma la chiave era perduta.
Stava piangendo disperatamente tenendosi il capo tra le mani quando udì di nuovo il suono del campanellino d'argento. Ma questa volta, quando sollevò lo sguardo, la Maga della Montagna era davanti a lui.    
 - Ti avevo pur dette di custodire con cura la chiave – gli disse severamente, ma con una nota nuova di compassione nella voce.
Il cavaliere prese a piangere ancora più forte e a questo punto la Maga, del tutto inaspettatamente, gli pose dolcemente una mano sulla spalla. – Smetti pure di piangere. La tua sposa ti aspetta. Mai avevo preso così a cuore una vicenda umana, e spero davvero che non mi capiterà mai più nella vita. Ma non avevo mai visto una coppia amarsi tanto come voi due. Vieni con me.
Detto ciò lo condusse alla luce della luna piena in un bosco sconosciuto, tra alberi fruscianti e strane luci che danzavano nella notte. 
Infine giunsero davanti a una porta di giada e d’ambra e il cavaliere ebbe un sussulto. 
Provò a dire qualcosa, ma la maga, con gli occhi che sembravano davvero umidi di lacrime, lo zittì e gli consegnò una chiave d’oro. 
-Va’, ora, e siate felici!
Il cavaliere aprì tremando la porta e si ritrovò in una stanza che era l’esatta replica di quella costruita per sua moglie. E la sua sposa era lì, in carne ed ossa, e anche lui era di nuovo giovane e si abbracciarono. – Ma come è possibile ?– chiese il cavaliere appena riuscì a riprendersi un poco dallo stupore e dalla gioia. 
La sua sposa gli sorrise. - Dunque ancora non hai capito? La Maga della Montagna ha preso a cuore il nostro amore e ci ha concesso di vivere per sempre nel regno incantato. Da qui, potremo sempre vegliare sulle nostre figlie e stare finalmente insieme.
Detto ciò rise felice, scuotendo leggermente il capo. 
E il cavaliere si avvide solo in quel momento che un campanellino d’argento le ornava l’orecchio sinistro.  



Vi chiedo di perdonarmi se sono stata un po' assente. A volte anche le fiabe hanno bisogno di silenzio... ma ecco la fiaba per questo fine settimana. 


L'immagine è di Fairy Tales of the Secret Forest.