giovedì 15 maggio 2014

Il cervo bianco

Giorno nuovo, fiaba nuova!

 Il cervo bianco

Bianca era uscita dal castello in tutta fretta. Non voleva dare alla cuoca la soddisfazione di vederla piangere.
Era vero, lei era solo una sguattera, ma non c’era motivo di farle tante cattiverie!
Avanzò veloce fino al bosco, fino a quella grande quercia che le ricordava la sua casa lontana, si accoccolò tra le sue radici stringendo le gambe con le braccia e diede sfogo al suo dolore. Pianse a lungo, scossa dai singhiozzi.
Sentiva la mancanza della sua famiglia lontana, delle carezze di sua madre, dei chiacchiericcio dei suoi fratelli e sorelle.
Le avevano detto che era una fortuna, che la volessero a lavorare al grande castello, ma Bianca sentiva la nostalgia di casa e quella vecchia strega di una cuoca non perdeva occasione per umiliarla e maltrattarla.
A un tratto, sentì uno strano rumore. Come un fruscio del vento, ma più setoso. Dal nulla, le comparve dinanzi un cervo maestoso, con un enorme palco di corna e dal manto completamente bianco.
Bianca rimase a osservare l’animale, che a sua volta la fissò a lungo prima di sparire tra gli alberi.
La fanciulla rimase a osservare il punto in cui il cervo era sparito, sperando che tornasse. Come era bello!
Così non vide arrivare la dama che a un tratto trovò al suo fianco e che le disse: “Cosa aspetti? Andiamo.”
Bianca non aveva mai visto quella dama. Era alta e fiera, di una bellezza sovrannaturale, e la sua pelle candida brillava come una perla nell’acqua.
Si alzò asciugandosi le lacrime dal viso e finalmente riuscì a chiedere: “Andiamo dove, mia signora?”
La fata, perché era una fata, la guardò dall’alto in basso con aria interrogativa. “Non hai visto il cervo bianco? Ti ha scelta. Su, non abbiamo tempo da perdere!”
Quindi si avviò con passo leggero tra gli alberi, reggendosi con una mano la lunga veste fluttuante.
 Bianca era incantata dalla grazia e la rapidità con cui si muoveva, ma fece del suo meglio per restarle dietro, nonostante i pesanti zoccoli che portava ai piedi. Quelli zoccoli le rendevano difficile camminare e facevano tanto rumore che a un certo punto la fata si voltò, li guardò perplessa e con un gesto della mano fece comparire al loro posto un paio di calzature di pelle morbidissima. Bianca non aveva mai avuto calzature così belle, ma non ebbe tempo di ammirarle perché la fata aveva ripreso ad avanzare veloce.
Dopo un lungo percorso tra i boschi, la fata sembrò ricordarsi improvvisamente qualcosa e si voltò verso Bianca: “Vorrai riposare un po’, prima di proseguire.”
Bianca annuì. La fata era gentile con lei, ma emanava una tale autorità che la intimidiva.
La fata le indicò un ceppo su cui poteva sedere, e di nuovo con un gesto della mano fece comparire un ricco pasto in un piatto d’oro e acqua fresca in una coppa di cristallo, perché Bianca potesse rifocillarsi.
Mentre Bianca mangiava, la fata la osservava con il capo inclinato, come incuriosita.
Quando la ragazza ebbe finito, fece sparire la coppa e il piatto e la guardò un attimo, soppesandola. “Non puoi proprio presentarti vestita così,” disse infine la fata e di colpo Bianca vide le sue povere vesti da sguattera trasformarsi in un abito lungo e fluente, di un rosso acceso. In seguito comparve un giustacuore nero e infine si ritrovò con una faretra sulla spalla e un arco d’argento in mano. “Così va meglio,” disse la fata riprendendo il cammino.
Intanto che la seguiva, Bianca  osservava sbalordita il suo nuovo abito e il suo equipaggiamento. L’arco era di un argento riccamente lavorato e le frecce della faretra erano bellissime, dritte e luccicanti.
Alla fine giunsero a una costruzione di pietra che sembrava antichissima, con archi alti fino al cielo.
La fata la guidò fino a un salone riccamente addobbato di tralci di vite e fiori che scendevano in cascate dal soffitto.
In mezzo alla sala, il grande cervo bianco.
“Finalmente siete arrivate!” disse, rivolto alla fata.
“La ragazza è umana,” fu la risposta della fata.
Il cervo bianco abbassò il muso in segno di assenso.
Poi si rivolse a Bianca: “Ho visto il tuo cuore, che è puro e generoso. Ti offro di far parte della mia guardia. Il tuo compito, con gli altri, è di pattugliare i boschi e impedire agli umani di arrivare fino a qui. In cambio, la tua famiglia riceverà ricchezze adeguate e tu potrai andarli a trovare due volte l’anno, al solstizio d’inverno e a quello d’estate. Accetti?”
Bianca sollevò appena l’arco e stava per rispondere, ma il cervo la interruppe: “Sì, lo so che non hai esperienza. Riceverai un addestramento adeguato, non temere.”
Bianca ripensò alla cuoca del castello e fece un ampio sorriso. “Accetto con tutto il cuore.”
Iniziò così la sua vita felice nel folto dei boschi, al servizio del cervo bianco. Della sua guardia facevano parte soprattutto elfi e fate, ma Bianca imparò in fretta a tenere il passo con loro, a muoversi per il bosco silenziosa come una piuma, a tirare con l’arco e a sorvegliare i confini. Le piaceva immensamente passare le giornate nei boschi e nel palazzo di pietra aveva a disposizione un ampio appartamento tutto per sé, con una grande letto di quercia pieno di volute intagliate e una grande camino in cui ardeva sempre un fuoco magico.
Era felice, anche se non sapeva che cosa le avrebbe riservato il futuro, né perché il cervo bianco avesse scelto proprio lei.
Poi, un giorno in cui era di pattuglia, vide una figura pesante annaspare vicino ai confini con un cesto pieno di fragoline e di altri frutti di bosco. Scese con un balzo dall’albero su cui era appostata intimando l’altolà e si trovò davanti la cuoca del castello, che per lo spavento aveva rovesciato tutto il cesto di frutti e la guardava con la bocca spalancata per lo stupore.
“Bianca!” esclamò la donna. “Sì, ma non temere.” Disse Bianca chinandosi a raccogliere rapidamente i frutti e rimettendoli nel cesto.
Infine porse il cesto alla cuoca e la prese per un braccio. “Vieni, ti mostro la via più breve per tornare al castello.” L’accompagnò per un tratto e poi tornò tranquilla all suo posto di vedetta. Ma all’improvviso si trovò davanti il cervo bianco. Bianca chinò la testa in segno di saluto.
“Per questo ti ho scelta,” disse il cervo. “Perché  il tuo cuore non conosce il veleno del rancore o del desiderio di vendetta. Tu non sai quanto sia raro.”
Bianca chinò nuovamente il capo con umiltà e quando lo risollevò il cervo bianco era sparito. E lei proseguì con la sua vita felice.
 
  
Buonanotte a tutti e sogni felici.

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