giovedì 5 giugno 2014

I lettori di fiabe

Questa è l'ultima fiaba della Disfida, dedicata a tutti voi che ci avete seguito fin qui.
Sono un po' triste, ma è stato davvero un mese pieno di scoperte, d'incanto e di fiabe.
Vi aggiornerò sul quello che ho scoperto e imparato da questa esperienza. 
 Adesso, avete ancora qualche giorno per votare le fiabe preferite con un "Mi piace" sulla pagina Facebook La Disfida delle Fiabe. 
Domenica sera si procederà alla conta e lunedì si decreterà la fiaba vincitrice.
Ancora una volta, buone fiabe, buonanotte.


I lettori di fiabe

C’era una volta un regno infelice, il regno Allincontrario, in cui a ogni persona veniva imposto di essere ciò che non era. Chi era pigro doveva darsi da fare, a chi era pieno di energia veniva imposto di stare tranquillo. Chi amava il lavoro fisico all’aria aperta doveva fare lavori sedentari al chiuso, a chi invece amava starsene seduto in pace veniva imposta un’intensa attività fisica e viaggi frequenti.
Nel paese di Allincontrario attività come sognare a occhi aperti, essere generosi e disinteressati, fare le cose per il puro piacere di farle erano severamente vietate. Erano vietate anche le attività ricreative come ascoltare musica, danzare, dipingere, leggere per diletto.
Non c’erano giardini, a Allincontrario, ma solo orti per coltivare quello che serviva.
Gli abitanti di quel paese, in lotta continua contro la propria natura, non erano molto felici. Anzi, non lo erano affatto. Ma poiché tutto quello che poteva rendere forte lo spirito era scomparso da quel paese molte generazioni prima, la popolazione viveva in uno stato di rassegnazione.
La frase più comune tra quella gente era “Siamo nati per soffrire…” e quello, almeno, lo facevano bene.
Tutti pensavano che tutto sarebbe per sempre rimasto così, ma quando si arriva a un estremo di qualcosa, l’estremo opposto inizia a crescere da chissà dove.
Così, un giorno, un abitante di quel paese era in viaggio sul suo carretto e stava tornando a casa dopo essere andato a ritirare certe merci in un paese vicino. Addolorato, così si chiamava quell’uomo, era naturalmente uno di quelli a cui non piaceva viaggiare e non vedeva l’ora di arrivare in paese, scaricare le merci e potersi finalmente riscaldare vicino al fuoco. Come sempre, quando viaggiava era di pessimo umore e non si fermava mai a conversare con nessuno, preso solo dalla fretta di finire presto e di tornarsene a casa.
Ma quel giorno a mezza via lo colse una fortissima tempesta. Addolorato era bagnato fradicio e accecato dalla pioggia, così di non si accorse del giovane che si parò in mezzo alla strada e gli andò addosso col mulo prima di accorgersi di lui.
Il giovane giaceva nel mezzo della strada.
Addolorato scese dal carretto e iniziò a dargli dei buffetti sul volto, per vedere se era vivo.  
Quando infine il giovane riaprì gli occhi, Addolorato tirò un sospiro di sollievo e stava per risalire sul carretto quando quello lo trattenne per una manica. “Vi prego, signore, questo è già il secondo animale che mi viene addosso, in mezzo a questa tempesta. Siate buono, datemi un passaggio sul vostro carretto fino al paese più vicino.”
Addolorato ancora tentennava, allora quello gli mostrò una borsa piena di monete: “Vi pagherò.”
Addolorato gli fece cenno con la testa di salire. In fondo, per lui non faceva differenza se sul carretto c’era un passeggero in più. Viaggiarono incupiti e silenziosi fino a Allincontrario, poi il giovane lo aiutò a scaricare la merce e gli chiese se c’era una locanda, nel paese, dove potesse alloggiare.
Una locanda? Addolorato si grattò la testa pensieroso. In effetti, nessuno voleva fermarsi a Allincontrario. Alla fine gli disse che poteva stare da lui per la notte, che tanto era solo.
Cercando di farsi scorgere da nessuno, perché gli atti di generosità erano vietati, lo fece entrare in casa e sprangò bene le porte e le finestre.
Tornato in casa, Addolorato si sentì subito meglio, divise con il forestiero una cena frugale e si mise a scaldarsi davanti al fuoco.
Fu allora che successe.
Il giovane prese una sacca che aveva con sé, l’aprì e ne tirò fuori tanti volumi malconci, che sistemò vicino al fuoco per farli asciugare.
Erano pesanti volumi rilegati in cuoio, con le copertine riccamente ornate e le pagine impreziosite da bellissimi disegni.
Addolorato cercò di far finta di niente, ma poi fu vinto dalla curiosità. “Che cosa sono?” chiese al forestiero. “Sono sogni, fiabe, storie…” rispose quello con aria sognante.
Addolorato si sentiva davvero a disagio, come chi sta per varcare un confine da cui non si torna indietro. Ma alla fine chiese il permesso di guardarne uno.
Iniziò a leggere, e subito si sentì trasportare in un mondo sconosciuto, fatto di incantesimi, oggetti magici, animali parlanti, principesse bellissime e principi coraggiosi.
Stupito, scoprì nelle fiabe che nei sogni non c’è nulla di male e che, anzi, si possono addirittura realizzare, qualche volta. Scoprì un piacere sconosciuto, in quello starsene seduto accanto al fuoco immerso in tante meraviglie, così finì per trascorrere tutta la notte accanto al fuoco a leggere fiabe.
Si addormentò poco prima dell’alba e quando si svegliò il forestiero era già andato via, lasciando sul tavolo il compenso pattuito e due libri di fiabe.
Addolorato, per la prima volta in vita sua, non degnò il denaro di uno sguardo e accarezzò affascinato la copertina dei libri, pregustando il piacere che gli avrebbe dato leggerli.
Ma il forestiero, andandosene, aveva lasciato la porta aperta e in quella passò di lì il suo vicino, Martirio. Fu il sorriso felice sul volto di Addolorato a convincerlo a entrare per chiedergli se si sentisse bene. Poi vide i libri. Anche lui rimase incantato dalle illustrazioni, dalle decorazioni delle copertine e alla fine si accordarono per trovarsi a leggere fiabe insieme, quella sera. In cambio, Martirio si impegnava a non divulgare il segreto del suo vicino. Però quei due iniziarono a sorridere più spesso, e ben presto altri si insospettirono per quell’insolito buonumore e scoprirono il loro segreto, iniziando a passarsi quei libri di mano in mano, di nascosto.
Sempre di più diventarono i lettori di fiabe, nel paese di Allincontrario.
Addolorato adesso era contento quando andava a consegnare o ritirare le merci nei paesi vicini, perché ne approfittava per comprare libri di fiabe o per farsene raccontare e poi, di notte, il paese era tutto un bisbigliare storie e un frusciare di pagine.
Come una linfa, quel mondo di fantasia iniziò a infondere forza e coraggio negli abitanti, che si fecero più audaci e iniziarono di nascosto a scambiarsi i lavori secondo le proprie propensioni naturali. Così, non solo ne risultava un lavoro ben fatto, ma gli abitanti ripresero piano piano a riprendersi la fiducia in se stessi e con quella la felicità, gli svaghi, la gioia.
I Governatori del paese non si raccapezzavano di quell’improvvisa vitalità degli abitanti, inasprirono le pene, fecero dei controlli, trovarono e distrussero alcuni libri. Ma le fiabe ormai erano state imparate a memoria e venivano sussurrate ai bambini prima di dormire e scambiate sottovoce tra i banchi del mercato. Dilagavano, con le loro storie di coraggio, di avventure, di bene e male, di magia.
Alla fine gli abitanti di Allincontrario si ribellarono nel modo più dolce che esista, rifiutandosi semplicemente di obbedire alle leggi assurde di quel paese.
Le notti estive si popolarono di balli e feste, e incontri sotto lanterne colorate per scambiarsi fiabe. Anche le guardie ormai si univano alla gente, disubbidendo anche loro agli ordini assurdi.
Gli abitanti, che fino a quel momento avevano portato nomi cupi e pieni di dolore, li cambiarono in Felice, Benedetto, Gioia, Aurora e altri nomi belli e allegri.
Un giorno, i Governanti con le loro regole assurde se ne andarono chissà dove, ma la popolazione nemmeno se ne accorse. E il paese di Allincontrario diventò un luogo molto molto felice e pieno di fiabe.  
 



 

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