sabato 14 giugno 2014

Le fate dei fiori

Una fiaba leggera leggera per un fine settimana quasi estivo...


Le fate dei fiori
C’era un caldo insopportabile, quel giorno.
Il giardino sembrava addormentato sotto il sole spietato di mezzogiorno e nemmeno le api, le farfalle e le coccinelle trovavano la forza di volare.
Nel punto più ombroso dell’orto, ben riparate sotto alcune foglie di lattuga particolarmente ampie, tre fate dei fiori si sventolavano con le gonne fatte di corolle.
“Io te l’avevo detto, Trapunzia, non dire che non te l’avevo detto!”
Trapunzia, lasciò andare per un attimo la gonna fatta di petali violetti e sbuffò: “Va bene, Petunia, avevi ragione tu. Non dovevamo far fiorire tutto così presto, quest’anno. Volevo solo portarmi avanti col lavoro…”
“E guarda,” aggiunse Petunia lisciandosi i petali azzurri “le petunie e i piselli odorosi sono già tutti avvizziti!”
“Sì, però i girasoli stanno bene,” cercò di mettere pace Gloriosa, tutta vestita di giallo.
“È inutile cercare di ragionare con lei,” disse Trapunzia alzandosi. “Quando si immusonisce, non c’è verso. Vorrà dire che faremo più fioriture, no?”
“Sì, più fioriture! E dove stai andando?”
“Ho caldo. Vado a rinfrescarmi nel laghetto.” Detto ciò, la fatina vestita di violetto iniziò a vorticare su se stessa fino a posarsi vicino a una placida ninfea. “Ah, che bellezza,” sospirò allargando i petali sull’acqua. “Come va?” chiese poi all’indirizzo della ninfea. Ma il grande fiore non aveva voglia di conversare, e si limitò a fare un lieve cenno d’assenso.
In quella arrivò vorticando anche Gloriosa. “Che bella idea hai avuto! Dài, Petunia, vieni anche tu!”
Petunia si fece un po’ pregare, ma alla fine anche lei allargò i suoi petali sull’acqua con un sospiro soddisfatto.
Un pesciolino rosso passò pigro tra le fate. “Salve, come va?” chiese subito Trapunzia, di ottimo umore. “Blob blob” disse il pesciolino rosso.
Trapunzia si immerse brevemente per parlargli a tu per tu e in breve altri due pesciolini rossi  arrivarono vicino alle fatine. Ognuno di loro aveva un lungo stelo dorato a mo’ di briglia e Trapunzia tutta felice saltò su un pesciolino e incitò le sue compagne. “Facciamo una gara! La ninfea sarà il traguardo. Vince la prima che fa il giro del laghetto e torna qui.” L’idea sembrava tanto divertente che nemmeno Petunia mosse obiezioni.
Le fate salirono sui pesciolini rossi e la ninfea dette il via. I pesciolini sfrecciarono nell’acqua del laghetto, mentre le fate ridevano deliziate. Vinse Gloriosa, che per premio ebbe il diritto di schizzare le altre due battendo i petali sulla superficie dell’acqua, ma quelle sembravano tanto contente che alla fine le pregò di schizzare anche lei.
Si stavano divertendo tanto che non si erano accorte che grossi nuvoloni scuri si stavano ammassando nel cielo. Se ne accorse Petunia, sollevando lo sguardo per osservare un’ape nervosa che passava di lì.
La chiamò le bisbigliò qualcosa e mentre quella riprendeva il volo si rivolse alle compagne: ”Venite con me, che vi offro la merenda.”
Spiccò quel volo vorticante e atterrò di nuovo nell’orto, sotto le fragole, mentre grossi goccioloni di pioggia iniziavano a cadere sul laghetto disegnando ampi cerchi sull’acqua.
Al riparo delle foglie, ogni fata ricevette una fragolina di bosco. In quel momento arrivò anche l’ape, portando su una foglia una goccia di miele per la merenda delle fate.
Ridendo e conversando, le tre fecero la loro merenda con fragoline di bosco e miele, mentre la pioggia ristorava finalmente i fiori accaldati.
Fu un breve temporale, e ben presto spuntò di nuovo il sole del pomeriggio. Nell’aria più fresca, le fatine si sistemarono su alcune ampie foglie in cui erano rimaste imprigionate gocce di pioggia che brillavano al sole come gemme preziose.
“Non trovate anche voi che l’estate è la stagione più bella?” disse Gloriosa guardandosi intorno. Le altre annuirono e poi Petunia propose di giocare a raccontarsi storie. “Io ne so una!” disse subito Trapunzia, prima di iniziare: “ C’era un caldo insopportabile, quel giorno.
Il giardino sembrava addormentato sotto il sole spietato di mezzogiorno e nemmeno le api, le farfalle e le coccinelle trovavano la forza di volare…”

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